In carcere il “custode” della cocaina  

Il romeno Marian Staicu, ricercato dopo il blitz di martedì, si è costituito. I pm: nascondeva la droga sotto terra

CHIETI. È accusato di essere il custode della cocaina spacciata a Chieti e provincia dal clan albanese dei fratelli Beharaj. Marian Staicu, romeno di 49 anni, si è consegnato al carcere di Pescara. La polizia lo cercava da martedì, il giorno in cui è scattata l’operazione Rubino con 13 arresti, 74 indagati e perquisizioni a raffica. Ma lui non si trovava. In realtà era in Germania: «Lavoravo come muratore», racconta adesso. Ieri mattina Staicu ha fatto rientro in Abruzzo, a bordo di un autobus. Verso le 11, ha raggiunto la casa circondariale di San Donato e si è costituito: l’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal giudice Giuseppe Romano Gargarella, gli è stata notificata in cella. Ora restano 3 i latitanti a cui dà la caccia la squadra mobile di Chieti.
L’ACCUSA. In base alle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia dell’Aquila, i componenti della famiglia Staicu avevano «il ruolo di custodi dello stupefacente nella loro abitazione di Tollo, in contrada Venna Capanne». Più nel dettaglio: Marian e la moglie Maria, «oltre ad essere responsabili dell’attività di distribuzione, preparavano e confezionavano la droga dietro le direttive dei fratelli Beharaj, condividendo strategie e scelte importanti relative alla vita del gruppo criminale e supportando le attività illecite, in particolare con lo specifico compito di dare alloggio a Bushi Beharaj che viveva in tutta segretezza all’interno della loro casa pur avendo un’altra regolare residenza».
IL GUADAGNO. Gli investigatori ritengono che la famiglia Staicu avesse trovato «un notevole ritorno finanziario». Maria era considerata esperta «nel frazionamento della cocaina, poiché era capace di non polverizzarla, mantenendo le dosi in pezzi che, in gergo, venivano chiamate “pietre”». Dopo la «fase di preparazione» curata dalla moglie, Marian provvedeva invece a nascondere la droga non solo nello stesso appartamento ma anche nell’antistante legnaia. La conferma, come è ricordato nelle carte dell’inchiesta, era arrivata a inizio del 2017 durante un blitz della polizia. A guardia del carico erano stati messi due pastori abruzzesi, che però nulla hanno potuto contro i cani poliziotto schierati dalla squadra mobile. Nel corso della perquisizione, vicino la legnaia, gli agenti avevano trovato un bilancino di precisione. A poca distanza era stato invece sotterrato un barattolo di vetro contenente riso e 50 grammi di cocaina, già confezionata e divisa in dosi. Una seconda scatola di plastica, con altri 740 grammi di cocaina, era stata individuata sempre sotto terra, stavolta nei pressi di una stalla.
L’INTERROGATORIO. Marian Staicu, assistito dall’avvocato Pasquale D’Incecco, sarà interrogato nei prossimi giorni. Probabilmente si avvarrà della facoltà di non rispondere. Il suo difensore si prepara a chiedere una misura meno afflittiva come i domiciliari. La moglie Maria e il figlio Mihai Florentin Gageanu, avuto da una precedente relazione, restano rinchiusi nel carcere di Chieti. Nel giro di spaccio, secondo gli investigatori, era coinvolta anche la figlia di Maria, all’epoca dei fatti minorenne e quindi denunciata a piede libero: spesso accompagnava Bushi Beharaj nelle consegne di stupefacente diventando «referente e pusher della comunità giovanile di Tollo».
LE INTERCETTAZIONI. La polizia ritiene che un’ulteriore conferma dell’attività illecita portata avanti dalla famiglia romena arrivi dalle intercettazioni telefoniche e ambientali. Dagli stessi colloqui emerge come il legame tra Bushi e Maria fosse molto stretto, tanto che i due si lamentavano spesso di Marian, ritenuto non all’altezza di confezionare bene la droga a differenza della donna.
I LATITANTI. Dopo l’ingresso in carcere di Marian Staicu, salgono a 14 gli arresti eseguiti dagli uomini del vice questore aggiunto Miriam D’Anastasio. All’appello mancano 3 latitanti: è probabile che due di loro si nascondano all’estero.
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