Lanciano, arrestato per errore è assolto dall’accusa di rapina ma ha perso lavoro e ragazza

Assolto con formula piena dalle accuse di rapina, resistenza a pubblico ufficiale, lesione a pubblico ufficiale e ricettazione: a commettere i reati è stato un sosia

LANCIANO. Assolto con formula piena dalle accuse di rapina, resistenza a pubblico ufficiale, lesione a pubblico ufficiale e ricettazione. A commettere questi reati non era stato lui, ma un suo sosia. Si è chiusa ieri davanti al giudice per le udienze preliminari Marina Valente la storia che per due anni e mezzo ha segnato la vita di Adrian Laurentin Druta, 31 anni, di Tecuci (Romania) residente a Lanciano, che nel dicembre 2011 fu arrestato dalla Polstrada al termine di un’indagine sui furti nelle abitazioni che anche in quel periodo imperversavano nel Frentano.

Druta fu incarcerato, poi posto ai domiciliari infine messo il libertà - dopo il ricorso al Riesame - in attesa dell’udienza di ieri in cui è stato prosciolto da ogni accusa. «Druta ha avuto la sfortuna di assomigliare molto a un connazionale che ha commesso quella rapina», ha detto Domenico Frattura, avvocato difensore dell’uomo che fin dall’arresto aveva affermato la propria innocenza. Secondo le accuse, invece, l’uomo era l’autore, assieme ad altri 3romeni, di una rapina commessa il 6 settembre 2011, oltre che di lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e ricettazione tanto che la Procura chiese 4 anni di reclusione.

“Druta, dopo essersi introdotto con altri soggetti in un’abitazione si impossessava illecitamente di 70 oggetti preziosi, collane, bracciali”, ha sostenuto l’accusa, “usava violenza nei confronti un sovrintendente della polizia accorso con altre persone per impedirgli il furto. Gli sferrava un calcio procurandogli un trauma contusivo all’avambraccio e al collo del piede”. Infine Druta e i complici sarebbero fuggiti su una Passat rubata.

«Fin dal suo arresto Druta ha subito dichiarato la sua estraneità ai fatti», ha sostenuto Frattura, «anche perché il giorno della rapina era in Romania. In aula abbiamo mostrato il biglietto del viaggio nominativo, in cui si vede che è partito dalla Romania il giorno dopo il furto per arrivare in Italia l’8 settembre, consegnato al giudice le testimonianze di chi ha viaggiato in pullman con lui e il risultato del test sul Dna fatto dal professor Giacomo D’Agostino di Roma sulle trecce biologiche sul cappello smarrito dal vero rapinatore, che dimostra che non c’è il Dna di Druta. Il giovane fu incastrato dal riconoscimento fotografico di due vicini della vittima della rapina, perché somiglia al vero rapinatore ma con questo scambio di persona lui ha perso il lavoro, è stato licenziato dall’impresa edile in cui lavorava, e la famiglia visto che la ragazza che stava per sposare lo ha lasciato».

Teresa Di Rocco

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