la denuncia

Lanciano, muore durante le cure: «Mio padre malato grave trattato come un pacco»

La figlia: «Lo hanno trasferito tre volte tra Lanciano e Atessa». Cerulli (Cittadinanzattiva): l'assessore Paolucci spieghi dov’è il rispetto per la persona in corsia

LANCIANO. Due esperienze negative negli ospedali frentani per pazienti anziani, due casi segnalati dai familiari all’associazione Cittadinanzattiva e divulgati perché casi così non si ripetano.

Il primo caso. Ha fatto la spola tra l’ospedale di Lanciano e quello di Atessa, morendo infine nel primo, in «ambiente sereno e accolto con amore dal personale presente». Ma i dieci giorni precedenti sono stati un incubo, spostato come un “pacco” da un presidio all’altro, tre viaggi in dieci giorni. È quello che sostiene la figlia, che si è rivolta all’associazione Cittadinanzattiva per far conoscere la sua storia. «È la lettera-denuncia di una figlia che con grande dignità ha raccontato la propria vicenda affinchè altri pazienti, soprattutto anziani e fragili, non vengano trattati come suo padre», dice il segretario regionale, Aldo Cerulli, che ha girato la testimonianza all’assessore alla sanità Silvio Paolucci, «si parla di umanizzazione delle cure, ma i parenti del defunto hanno constatato che spesso, fortunatamente non sempre, questo vocabolo viene usato a sproposito. Con questo non si vuole colpevolizzare il personale ospedaliero che opera in condizioni di vera inferiorità numerica rispetto alle esigenze, ma la qualità delle cure comprende anche che i pazienti siano rispettati. Peccato che la lettera non ha ricevuto risposta dall’assessore». A fine marzo l’uomo viene portato in Pronto soccorso al Renzetti per insufficienza respiratoria. Da un anno è in Adi. Gli viene diagnosticata una polmonite e il medico decide di rimandarlo a casa perché già sotto antibiotici. La figlia si oppone e l’anziano resta in osservazione. Il mattino seguente, dopo una notte difficile e un quadro clinico delicatissimo, un altro medico dice che il paziente può tornare a casa. «Se un paziente grave non merita ricovero, chi avrebbe diritto ad un posto letto?», si chiede la donna, «o forse devo supporre che un paziente anziano non ha diritto al ricovero per alleviare le sue sofferenze con interventi specialistici?». Il padre viene ricoverato ad Atessa. «I medici, di fronte a mio padre sofferente, disegnano un quadro clinico gravissimo senza nemmeno rivolgere lo sguardo al paziente, incuranti della sensibilità di mio padre e del suo stato. Ho visto più volte mio padre piangere». Non solo. «Una dottoressa inizia a inveire contro il “vecchiarello” -mio padre ha nome e cognome- contro l’ospedale di Lanciano che aveva inviato un paziente grave e contro di me. Mio padre viene trasferito d’urgenza a Lanciano che, a detta della dottoressa, “doveva riprendersi il paziente come merce resa”. A Lanciano è stato accolto bene ma era ormai in fase terminale. È morto mezz’ora dopo in un’atmosfera serena. Ringrazio i medici di Lanciano, per contro invito il personale di Atessa ad avere sensibilità maggiore: umanità e sensibilità non sono un optional».

Il secondo caso. «Una persona anziana morta 15 giorni dopo aver subito due ricoveri a Lanciano», denuncia Cerulli «con i familiari che sollevano dubbi sull’approssimazione delle cure prestate, forse perché era una 92enne? Nella segnalazione ricevuta si dice che l’anziana, dopo due ricoveri per attacchi ischemici, era stata dimessa con “marcata congestione polmonare”, diagnosi che prevede l’ospedalizzazione e non le dimissioni». «A parte i dubbi sulle dimissioni improprie e sulle conseguenti valutazioni sui provvedimenti sanitari siamo rimasti sconcertati dall’arroganza sia del personale medico che di quello infermieristico», scrivono i parenti a Cerulli, «ne parliamo per far sì che fatti del genere non accadano più».

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