Market dell’eroina: 13 anni

Coppia condannata, decisive le 15 dosi trovate in casa

LANCIANO. Durissima condanna a una coppia di spacciatori colta in flagrante lo scorso 2 luglio dagli agenti del commissariato di Lanciano. Superando perfino le richieste dell’accusa, il giudice ha inflitto ai due complessivi 13 anni di carcere.

Sul banco degli imputati c’erano Pasquale Aitoro, 43 anni, e la sua convivente e coetanea Amalia Bisbano. I due dovevano rispondere dell’accusa di spaccio per aver ceduto una dose di eroina a un giovane nella loro casa, nel cuore del centro storico lancianese, lo scorso 2 luglio, e di detenzione di altre 15 dosi di stupefacenti già confezionate, sequestrate dagli agenti nel corso dell’operazione. In più per Aitoro era stata avanzata l’accusa di minacce nei confronti degli agenti, aggravate dall’uso di un coltello che era stato sequestrato insieme agli stupefacenti.
Nel corso del dibattimento, i difensori degli imputati, gli avvocati Luigi Toppeta e Gerado Brasile, hanno ottenuto il proscioglimento dell’imputato dall’accusa di minacce. Ma alla fine della camera di consiglio, nonostante l’esistenza di precedenti, non hanno nascosto il grande stupore per la esemplare condanna inflitta alla coppia: 7 anni a lui, che è già in carcere, 6 alla donna, che si trova invece ai domiciliari. Resta da definire la posizione del figlio 19enne, denunciato a piede libero.

I fatti. L’arresto dei due avvenne nel pomeriggio del 2 luglio. Gli agenti erano arrivati a individuare l’appartamento seguendo alcuni tossicodipendenti, la cui presenza era stata notata nelle vicinanze del palazzo. L’irruzione, dopo il fermo di due giovani appena usciti dall’appartamento. Trovata la dose di eroina in possesso di uno dei due, gli agenti sono entrati nella casa, dove si trovavano Pasquale Aitorio, la convivente e il figlio di lei. Nel corso della perquisizione sono state sequestrate 15 dosi di eroina e il coltello di 10 centimetri, che secondo l’accusa l’uomo aveva impugnato minacciando i poliziotti.

Ma per il giudice Francesco Marino questa circostanza non era adeguatamente provata, per cui ha fatto cadere l’accusa. Assai più severa di quanto forse si aspettava la stessa procura è stata la valutazione del reato di spaccio, tanto da arrivare a condanne superiore alle richieste. Mano dura anche con un testimone: la carte con le dichiarazioni rese in aula sono state trasmesse alla procura per valutare l’eventuale imputazione per falso e calunnia. La difesa, in attesa di leggere le motivazioni delle dure condanne, ha annunciato appello.