Megalò3, perquisite 5 società napoletane

L’inchiesta sul traffico illegale di terra porta in Campania, blitz della polizia Un operaio licenziato da Colanzi la gola profonda che guida gli investigatori

CHIETI. Chieti chiama, Napoli risponde. Sono cinque le società perquisite dalla squadra mobile di Pescara. Tutte collegate all’imprenditore Enzo Perilli. Tutte campane. Tutte legate anche alla società Akka che mirava a realizzare a Santa Filomena di Chieti Scalo il Megalò 3. L’inchiesta Terre d’oro ha sviluppi di ora in ora. Dopo gli arresti di quattro imprenditori e dipendenti Emoter, Filippo Colanzi, Carmen Pinti. Gianluca Milillo e Massimiliano Di Cintio, l’interdizione di Emanuele Colanzi e venti avvisi di garanzia che riguardano anche suor Vera D’Agostino, per traffico di rifiuti, e il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, per corruzione, spunta la pista campana. Gli uomini coordinati dal vice questore Piefrancesco Muriana hanno infatti perquisito le società Campania Felix srl, con sede legale in via Gramsci a Napoli e unità locale a Vallemare di Cepagatti, e le altre società, tutte napoletane, Appalti e Servizi srl e Atlantide srl, con sede allo stesso civico 3 di via Bausan, la Sealand Logistic Solutions, al civico 11 di via Gramsci, praticamente lo stesso della Campania Felix dove la polizia ha trovato anche la quinta società, Efori srl. I collegamenti diretti o attraverso parenti di Perilli sarebbero già stati accertati. Quel Perilli che ha la duplice veste di indagato sia nell’inchiesta madre sul traffico illegale d’inerti, per 500mila tonnellate, da parte dell’Emoter dei Colanzi, sia nel fascicolo stralcio sulla presunta corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (l’autorizzazione a costruire il Megalò 3 su una montagna di terra di riporto) insieme al sindaco Di Primio e al segretario dell’Autorità di Bacino, Michele Colistro.

IL LICENZIATO SVELA TUTTO. A collaborare con la procura distrettuale dell’Aquila sul traffico di terra e sassi non è un testimone qualunque ma è un operaio licenziato dalla Emoter. È una fonte difensiva di questa vicenda a rivelarlo, come se volesse implicitamente dire che l’inchiesta parte solo da una vendetta personale.

È il licenziato che ha fatto scoprire la doppia contabilità, cioè l’esistenza di un libretto nero con l’elenco di nomi e località dove i Tir scaricavano illegalmente rifiuti speciali. Ecco il passaggio testuale dell’ordinanza di custodia che lo conferma: «Tali dati (quantitativi e relativi ai luoghi di conferimento) si ricavano, anche in questo caso, dalla contabilità occulta della Emoter srl ed, in particolare, dall’analisi del file denominato “Opera costr.-pescara”, all’interno dell’archivio “rapportini” contenuto nella memoria informatica sequestrata e sottoposta a consulenza tecnica - che dimostra l'integrale smaltimento in difformità dal piano di utilizzo - (cfr. Allegato 72 all’informativa CFS del 11.03.2014 nonché consulenza Ortolano). Riscontro di tale fatto si rinviene anche nei block notes tenuti dal ... (allegato alle SIT rese dal medesimo, pag. 769 e ss.) sui quali, come già chiarito, lo stesso annotava i vari viaggi effettuati, dalla disamina del quale si legge, tra l’altro, in data 16 aprile 2011 “n.7 viaggi terra da Pescara per Nostra discarica”».

NON SOLO POSTEPAY. La richiesta alle Poste di conoscere, per fini investigativi, il denaro transitato nella carta prepagata con cui Perilli avrebbe corrotto Colistro è già stata formalizzata. Ma non è solo il Postepay la presunta tangente. La polizia, due giorni fa, ha perquisito un ampio appartamento in via D’Azeglio a Montesilvano intestato a una società dell’imprenditore del Megalò 3 e in uso al funzionario regionale che, dall’alto del suo incarico, aveva autorizzato il centro commerciale nonostante lo stop del Genio Civile. Ma c’è di più. Da indagini sconfinate a Roma sarebbe emerso che Perilli, attraverso una delle sue società che operano anche a Napoli, avrebbe dato incarichi professionali a uno studio ingegneristico riconducibile a un parente stretto del segretario dell’Autorità di Bacino. L’inchiesta su Colistro riserva sviluppi coperti dal segreto.

LA POSIZIONE DI DI PRIMIO. In effetti l’ipotesi di corruzione, in concorso con Perilli, imprenditore del Megalò 3 e cliente del suo studio legale, non nasce da un’intercettazione telefonica ma d’altro tipo. L’inchiesta sul sindaco di Chieti sta andando avanti. Ma prima di dire come procede ricordiamo l’ipotesi d’accusa, formulata in modo volutamente generico nell’avviso di garanzia che gli è stato consegnato due giorni fa: «Di Primio Umberto, nella qualità di Sindaco del Comune di Chieti, pubblico ufficiale corrotto ... allo scopo di permettere la realizzazione del progetto imprenditoriale del Perilli, si impegnava ad adottare o a far adottare dai competenti uffici comunali tutti i provvedimenti amministrativi di competenza quali il rilascio dei permessi a costruire e, inoltre, promuoveva e votava favorevolmente la Delibera di Giunta Comunale n. 1673 del 16.10.2013 con cui egli stesso veniva autorizzato a costituirsi nel giudizio promosso dinanzi al Tar Abruzzo Sez. di Pescara, dalla Akka srl per l’annullamento del citato provvedimento del Genio Civile Regionale di Pescara prot. RA 182640 del 16.7,2013, ricevendo, in cambio, indebitamente dal predetto imprenditore una serie di utilità economicamente apprezzabili quali la promessa di un sostegno economico non meglio quantificato per la campagna elettorale in vista delle elezioni amministrative del 2015 per il rinnovo del consiglio comunale di Chieti, e la promessa di un sostegno economico non meglio quantificato per risolvere le sue pendenze debitorie».

Gli sviluppi? La polizia ha sequestrato riscontri sulla “situazione debitoria” del sindaco. E cerca eventuali dazioni già ricevute, seppure tra i due ci fosse un rapporto cliente-avvocato. Infine indaga sui legami e trova una storia fotocopia: un centro commerciale che Perilli voleva realizzare a Montesilvano. Ma a parlare con Cordoma, l’ex primo cittadino, ci andò Di Primio, che era già sindaco di Chieti.