Ortona, archeologi e sub scoprono tre approdi dell’antichità 

Nuovi ritrovamenti testimoniano l’importanza dello scalo fin dal Medioevo. La soprintendente Mencarelli: «Un tesoro da mettere in mostra e far conoscere»

ORTONA. L’importanza di Ortona documentata dai ritrovamenti. La storia della città rivierasca si arricchisce di nuovi tasselli, reperti che confermano quanto Ortona e il suo porto fossero centrali in tempi antichi nell’economia dell’intera regione. Ieri mattina nella locale sede della Guardia costiera si è tenuta una conferenza stampa di presentazione del progetto “Porti e approdi”, che la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio dell’Abruzzo ha realizzato in stretta collaborazione con la Capitaneria di porto di Ortona, attraverso il contributo dell’associazione Ambiente e cultura e della Scuola Sub-Loto sommozzatori di Protezione civile. All’incontro hanno preso parte il comandante della Capitaneria di porto di Ortona, Giuseppe Marzano, la soprintendente per l’archeologia belle arti e paesaggio dell’Abruzzo, Rosaria Mencarelli, il funzionario archeologo responsabile dell’archeologia subacquea Sabap, Glauco Angeletti, il funzionario archeologo Sabap-responsabile di zona, Andrea Rosario Staffa. Sono stati illustrati i risultati delle prospezioni archeologiche subacquee effettuate nel corso degli anni e in particolare di quelle più recenti che hanno riguardato la costa ortonese. Dalle indagini è infatti emersa l’importante presenza di antiche strutture di approdo. Le immersioni sono state fatte tra luglio e settembre 2016, ed ancora questa estate. È stato analizzato lo specchio d’acqua a nord di Ortona, tra Torre Mucchia e Punta Ferruccio, dove i ritrovamenti certificano la presenza di una prima zona di approdo. Qui sono stati rinvenuti, tra le altre cose, una bitta di ancoraggio, una possibile colubrina (una sorta di cannone di avvistamento), e una pavimentazione ancora da studiare ma che potrebbe essere precedente al periodo alto medievale. Un’altra zona di approdo è certamente quella dove sorgeva l’antico scalo marittimo, nell’area sottostante il Castello Aragonese. Ed infine c’è da sottolineare l’Acquabella – a sud di Ortona – dove il ritrovamento in passato di ancore farebbe pensare ad un terzo punto di approdo. Quest’ultimo potrebbe essere una rada nella quale le navi trovavano riparo nei momenti in cui non riuscivano ad entrare nel porto principale della città. Ed è nei pressi dell’antico scalo e dell’Acquabella che si concentreranno le prossime immersioni alla ricerca di nuovi reperti, che nella zona del Castello Aragonese «potrebbero trovarsi anche a 50-100 metri dalla costa» ha sottolineato Staffa. Lo stesso Staffa ha confermato l’importanza in passato del porto di Ortona, che rende questo territorio particolarmente ricco sotto il profilo dei rinvenimenti. Proprio per questo Ambiente e Cultura – un connubio di associazioni ortonesi presieduto da Domenico Iubatti che si occupa della promozione, valorizzazione e salvaguardia dei beni culturali – collaborerà con la soprintendenza affinché i ritrovamenti fatti sul territorio possano rappresentare un autentico tesoro. «Vogliamo potenziare», ha concluso la soprintende per l’archeologia belle arti e paesaggio dell’Abruzzo Mencarelli, «la conoscenza e la messa in valore di ciò che è stato recuperato per trasmetterlo ad un pubblico sempre più vasto».