Paglione, il mecenate innamorato della sua terra 

CHIETI. «Hanno parlato di me come di “un mecenate innamorato”. Forse è proprio così. Innamorato della vita e del bello. E vorrei che la bellezza, attraverso le mie donazioni, possa raggiungere il...

CHIETI. «Hanno parlato di me come di “un mecenate innamorato”. Forse è proprio così. Innamorato della vita e del bello. E vorrei che la bellezza, attraverso le mie donazioni, possa raggiungere il maggior numero di persone. In particolare i giovani abruzzesi. Mi rivedo in loro, all’inizio di una lunga e bella storia». La storia di Alfredo Paglione, mecenate, collezionista, gallerista e ideatore di eventi d’arte, punto di riferimento di diversi grandi nomi del panorama artistico internazionale. Storia scandita da esperienze, emozioni e tante immagini.
NELLA “CITTÁ APERTA”. «Sono nato a Tornareccio e, dopo pochi anni, la mia famiglia si trasferì in blocco a Chieti in una casa di via del Tricalle, chiamata in città “la discesa del gas”. In estate tornavo spesso in paese e ricordo il dolore provato nel vederlo dilaniato da una rappresaglia tedesca. Immagine indelebile per un ragazzino di nove anni, come quella di una carrozzina di legno che mio padre Ottavio costruì per portar via in fretta le nostre cose qualora Chieti fosse stata bombardata. Ospitavamo tre famiglie di sfollati e ricordo i discorsi su monsignor Giuseppe Venturi, impegnato ad ottenere la dichiarazione di “città aperta”, e su una grotta, lì vicino, che poteva magari rappresentare una sorta di rifugio. Finita la guerra, arrivarono le austere aule del liceo classico Vico e i canti della Divina Commedia da mandare a memoria come imponeva il professor Luigi Capozucco. Ero comunque un ragazzo studioso, già proiettato verso l’arte e la bellezza attraverso un gran desiderio di conoscere».
COLPO DI FULMINE. E così il giovane Alfredo si trasferisce a Roma per frequentare la facoltà di Geologia. «Nella convinzione che si stesse sviluppando grande interesse per il petrolio ma, intanto, cominciai a frequentare gallerie e diversi artisti tra cui la famosa soprano colombiana Helenita Olivares, allora fidanzata con Aligi Sassu. Diventammo amici e lo stesso Sassu apprezzò alcuni miei versi invitandomi ad Albissola Marina dove trascorreva le vacanze estive. A casa sua conobbi parecchi grandi artisti e decisi di andare in Colombia per studiare i murales dell’antica popolazione dei Chibcha». In arrivo l’immagine più importante di una lunga sequenza. «La svolta della mia vita perché a Cùcuta incontrai mia moglie Teresita, apprezzata violoncellista e sorella di Helenita. Fu amore a prima vista. Un grande amore».
LA PICCOLA COMMENDA. Il ritorno in Italia e, a Milano, ecco un’altra figura destinata a farsi strada nella memoria di Paglione. «Quella di Angelo Pizzoli, un facoltoso signore che aveva sposato una giovane attrice, allieva di Strehler. Cercavo lavoro e gli chiesi un colloquio. Letto il mio curriculum, mi assunse subito perché ero abruzzese spiegandomi che, da capitano dell’esercito, aveva avuto come attendente un abruzzese leale e competente. Poteva bastare. Mi trovai così a gestire un teatro, ricavato in un vecchio stabile, che Pizzoli aveva regalato alla moglie. Era nata “La Piccola Commenda”, un formidabile luogo di incontro, impreziosito dalle pareti dipinte da Sassu e dalla esibizione di noti attori tra cui la grande Paola Borboni».
GALLERIA 32. E c’è anche qualche mese di lavoro presso il consolato della Colombia in piazza della Repubblica, al numero 32. «Nello stesso palazzo, era disponibile un locale. Lo presi dopo aver venduto a un dentista un’acquaforte di Giorgio Morandi acquistata anni prima a Roma, praticamente il mio primo affare, lanciandomi nell’avventura della Galleria 32». Che in breve tempo divenne importante punto di riferimento in una Milano che viveva con entusiasmo gli anni del boom economico. Tante mostre e iniziative attorno ad artisti del livello di Guttuso, Sassu, Manzù, Fontana, Migneco ed altri ancora, puntuale meta di personaggi del mondo della cultura come Quasimodo, Buzzati, Ungaretti, Sciascia e Moravia. «Ricordo bene anche Raffaele Mattioli, il banchiere umanista, amministratore delegato della Banca Commerciale, originario di Vasto. Erano incontri nei quali un accenno al nostro Abruzzo non mancava mai». Poi il trasferimento in via Brera e l’apertura della galleria Blumen a Lugano in un crescendo di interesse. Altro incontro, ancora una figura a segnare la vita di Paglione. «In occasione di una mostra a Parigi incontrai padre Serafino Colangeli, un personaggio straordinario assieme al quale, dal momento che avevo già deciso di trasferire in Abruzzo le mie collezioni, riuscii a concretizzare l’apertura, a Giulianova, del Museo d’arte dello Splendore nei locali di un vecchio convento».
FONDAZIONE IMMAGINE. Le altre immagini, da oltre vent’anni, parlano di un’appassionata e generosa donazione di opere della sua enorme collezione, l’apertura di numerosi spazi espositivi e la nascita della “Fondazione Immagine. Alfredo e Teresita Paglione” con il compito di tutelare e valorizzare le opere d’arte affidate a diversi musei abruzzesi. «La bellezza è al centro del mio universo e spero possa contribuire a rendere comunque migliore il futuro», sintetizza, con semplicità accompagnata da un’estrema convinzione, quello che il cardinale Loris Capovilla, già segretario particolare di papa Giovanni XXIII e arcivescovo di Chieti, ha avuto modo di definire «un uomo mite e silenzioso che non ha mai pensato di erigersi un monumento, né lo attende dagli amici».
©RIPRODUZIONE RISERVATA