Paolucci, il medico soldato che affondò la corazzata

L’impresa del tenente orsognese entrato nella storia per aver sconfitto Golia Era il 14 ottobre del 1918: la Viribus Unitis colò a picco, e la guerra finì

ORSOGNA. Le sue ultime volontà furono di essere sepolto nudo, coperto solo da un lenzuolo, accanto alla moglie nella tomba di famiglia a Orsogna, ai piedi della Maiella madre. Ritornava così a stare prossimo a quella montagna alla quale tante volte andò con lo sguardo della nostalgia, e accanto alla sua amata consorte Margherita Pollio, Raffaele Paolucci politico, chirurgo di fama internazionale ed eroe di guerra.

La sua vita fu piena di decisioni ardite, coinvolgenti, sacrifici e soddisfazioni. La più famosa: l'affondamento dell’ammiraglia austriaca, la Viribus Unitis, grazie alle mine piazzate sotto la chiglia della nave nel golfo di Pola.

Era il primo novembre del 1918, dopo poche ore la "grande guerra" sarebbe finita.

Ci furono onori e medaglie per il tenente medico Paolucci e il maggiore del Genio navale Raffaele Rossetti, che fecero l'impresa. Questi uomini, d’altra tempra, presero una decisione che poi fu la loro migliore decorazione: diedero alla vedova dell'ammiraglio Von Vukovic (che morì in seguito all'affondamento della sua nave) la somma di denaro, equivalente al 2 per cento del valore della nave affondatae ricevuta come ricompensa. Quella somma permise al figlio dell’ammiraglio di laurearsi in medicina.

VITA. Paolucci nacque a Roma, «per caso» come lui diceva, il primo giugno 1892, da Nicola e Rachele De Crecchio.

Il padre era di Orsogna e il nonno, Raffaele, di Castel Nuovo (attuale Castel Frentano). Visse a Roma la sua prima infanzia ma nell'animo si sentiva abruzzese e ancor più, orsognese. Nel 1903 entrò nel Regio Liceo Ginnasio "Antonio Genovesi". Nel 1910 s'iscrisse a medicina. Il 4 aprile del 1916, quando già era militare, si laureò con il massimo dei voti e fece richiesta di essere trasferito nella regia Marina.

Lavorò all'ideazione di mezzi speciali d'assalto (Mas) con uno dei quali condusse l'azione di Pola. Decorato della Medaglia d'oro al valor militare. Nel 1921 fu eletto deputato e fu riconfermato nelle successive legislature per il Partito Nazionale Fascista, fino al 1943. Fu noto chirurgo, presidente della sezione italiana e vicepresidente mondiale del collegio internazionale dei chirurghi, ordinario di Clinica Chirurgica a Roma. Pubblicò un atlante di Chirurgia Operatoria.

A giugno del 1958 fu eletto deputato nelle liste del Partito Nazionale Monarchico, di cui fu anche presidente. Fu creato conte di Valmaggiore da Vittorio Emanuele III per la sua opera scientifica. Morì a Roma il 4 settembre 1958.

VIRIBUS UNITIS. Era difficile colpire la corazzata austriaca perché la flotta manteneva la propria ammiraglia ben protetta. Il progetto fu di colpirla all'interno della propria base. Ma come arrivarci? Paolucci aveva da qualche tempo ideato e sperimentato nella laguna veneta un mezzo d'assalto da lui chiamato "mignatta", una specie di siluro, che fungeva da propulsore, affiancato da due torpedini con ben 600 chilogrammi di esplosivo. Da bravo uomo di scienza, non azzardò l'impresa ma la provò e riprovò.

Prima calcolò la sua resistenza in acqua, poi cercò di arrivare vicino al primo sbarramento nel porto di Pola e quindi affiancò la prima nave e poi la seconda più grande e poi ancora oltre. Ogni volta, di ritorno, prendeva appunti, calcolava tempi, verificava la resistenza del proprio fisico, notizie tutte riportate nel suo diario che poi fa parte de "Il mio piccolo mondo perduto", da lui pubblicato nel 1947.

La Viribus Unitis era lì, come il gigante Golia, imbattibile, da far paura. Durante quelle prove notturne e gelate i pensieri viaggiavano: «Rividi la Majella torreggiare oltre il verde tratturo di Orsogna, il cimitero dei morti antichi... il campanile di San Nicola, il belvedere dei Parladore, e poi la vallata del Moro e mio Padre che procedeva tirandomi col bastone cui ero afferrato e le siepi dei mori e i nuvoli di passeri che si levavano frullando al volo, al nostro passaggio: questa era la Patria».

L'IMPRESA. Alle 13 del 31 ottobre 1918 la Torpediniera 65 P.N. salpa da Venezia verso Pola. A bordo c'è il comandante Galeazzo Ciano. Il cielo è plumbeo, minaccia pioggia.

Alle 20 la nave si ferma, scendono il motoscafo che procede con motore elettrico fino all'ostruzione della diga del porto di Pola. Sono le 22.

«Intorno a noi e su di noi stanno l'ignoto e la notte, entrambi oscurissimi e silenziosi. L'avvicinamento è lento, rischioso, si passa con cautela affianco a navi, sommergibili, recinzioni, blocchi di sbarramento» racconta Paolucci nel suo diario. Ai due temerari nota è la disposizione delle navi austriache nel porto di Pola: Zryni, Radetzky, Erzherzog Franz Ferdinand, Prinz Eugen, Teghertoff, e infine lei, la più grande la più protetta: Viribus Unitis. Vi arrivano intorno alle 5, le mine sono collocate.

Dopo 35 minuti albeggia, un riflettore dall'ammiraglia li illumina, i due distruggono "l’apparecchio", così come avevano concordato. Si avvicina una barca austriaca: «Wer da?» (Chi va la?); «Italienische offizieren» (ufficiali italiani), la risposta! I due sono a bordo, sopra a due quintali di esplosivo che tra breve manderanno in aria la nave. L'ammiraglio li interroga. «La nave corre serio pericolo tra poco salterà in aria» risponde Paolucci.

Gli austriaci sono confusi, l'ammiraglio Von Vukovic grida in tedesco: «Viribus Unitis, si salvi chi può, gli italiani hanno messo delle bombe nella nave». Chiedono all'ammiraglio se gli italiani possono salvarsi; la risposta è affermativa; i due si gettano in mare, l'ammiraglia esplode, s'inclina, affonda. Von Vukovic muore da uomo d'onore. Paolucci e Rossetti non lo dimenticheranno e penseranno a suo figlio.