Professionisti, impiegati, studenti ecco chi si riforniva di cocaina 

Anche un allenatore di pugilato tra i clienti che si rivolgevano alla banda guidata dai Di Muzio  E il pusher si sfoga in macchina con la fidanzata: «Se mi beccano, scatta lo spaccio internazionale»

CHIETI. Dal medico al dipendente del Comune, dal camionista all’allenatore di pugilato, dallo studente universitario alla telefonista del call center. Ecco chi sono i clienti (non indagati) della banda che spacciava fiumi di cocaina a Chieti Scalo e non solo. A svelarlo sono le carte della maxi inchiesta di polizia e finanza, conclusa all’alba di martedì con 17 persone arrestate, 8 finite all’obbligo di dimora e 10 indagate a piede libero. Le 612 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal giudice Luca De Ninis, ricostruiscono i movimenti dei pusher che – sempre secondo l’accusa – facevano capo ai fratelli Andrea e Simone Di Muzio. Gli uomini del vice questore aggiunto Miriam D’Anastasio e del colonnello Serafino Fiore hanno documentato ben 181 episodi di spaccio solo a carico degli indagati del «gruppo scalino», composto principalmente da ultrà degli 89 Mai Domi, la tifoseria organizzata del Chieti calcio. Nel corso delle indagini, coordinate dal sostituto procuratore Giancarlo Ciani, è emersa anche l’esistenza di altri due gruppi criminali: uno capitanato da albanesi, con base nelle campagne di Bucchianico, e l’altro con il quartier generale a Pescara.
IL DOTTORE. C’è un medico di 32 anni fra gli «acquirenti abituali» di Michele Montuori, definito dagli investigatori della squadra mobile e della compagnia delle fiamme gialle come lo «spacciatore per eccellenza del gruppo scalino». Il nome del dottore, che lavora fuori Abruzzo ma appena può torna a Chieti, compare in numerose intercettazioni. È lui a telefonare a Montuori il 24 marzo del 2018, nel cuore della notte. Che tra loro ci sia un rapporto confidenziale è chiaro fin dalle prime fasi della conversazione. «Ma non dovevi tornare domani?», chiede il pusher. «Sono tornato prima per fare l’effetto sorpresa», risponde il medico. «Mi volevo fare due birre». Secondo gli investigatori, è palese il tentativo di camuffare «un ordinativo» di droga. Fatto sta che, a distanza di pochi minuti, Montuori e il suo cliente si incontrano all’esterno di un bar di Chieti Scalo. La storia si ripete anche il giorno successivo, vicino al pub The wanted, uno dei locali gestiti dai fratelli Di Muzio. «Però facciamo al volo, perché me ne devo andare», si raccomanda lo spacciatore.
L’ALLENATORE. Nello stesso periodo, un noto allenatore di boxe si rifornisce di cocaina ben 9 volte. In un’occasione, l’11 gennaio del 2018, l’insegnante di pugilato è al pronto soccorso con la figlia, che deve operarsi. Ma contatta comunque Montuori. «Dalle intercettazioni ambientali», scrive il giudice, «si apprende che Michele andrà in ospedale ad incontrare il suo interlocutore».
L’IMPIEGATO. È sempre il pusher «per eccellenza» a cedere, in due circostanze, «un imprecisato quantitativo di cocaina» a un dipendente del Comune di Chieti. «La completa assenza di esplicitazione delle ragioni degli incontri, associata alla naturalezza con la quale vengono richiesti e accolti gli appuntamenti», si legge ancora sull’ordinanza, «sono sintomi della comune consapevolezza delle loro finalità. Le modalità seriali delle altre condotte di cessione già accertate costituiscono riscontro univoco alla finalità di scambio tra droga e denaro».
IN VIA DEGLI ERNICI. Sabato 10 marzo, siamo sempre nel 2018, Montuori «si reca a fare una cessione di droga in via degli Ernici a tale “Mario” il quale, come trapela dalle conversazioni, quando Michele giunge sul posto è già lì ad attenderlo, chiaramente preavvertito da altri. Appena arrivato sul luogo dell’incontro, Montuori dice di essersi impazzito a forza di correre da una parte all’altra». Subito dopo, avviene la consegna. Prima di salutarsi, però, i due scambiano due chiacchiere. Ed è possibile scoprire il lavoro del cliente: «Io guido il camion, sto fuori tutta la settimana», dice.
I MAXI AFFARI. Episodi di spaccio si verificano anche in via Roccamorice, «nei pressi della sede degli 89 Mai Domi», e – stando all’accusa – dalle intercettazioni è possibile definire la portata degli affari illeciti del «gruppo scalino». Significative sono quelle del 6 aprile dell’anno scorso, quando Montuori dice alla fidanzata «che deve passare da casa per lasciare la droga, dato che insieme devono andare a Pescara e “non vuole rischiare l’arresto”. Nell’ambito dello stesso discorso, Michele specifica di avere suddiviso tutto in dosi quindi, nel caso venisse fermato dalle forze dell’ordine, sarebbe accusato di “spaccio internazionale”. A fine serata», spiegano gli investigatori, «Montuori si ritrova con un’ingente somma di denaro in tasca». Tant’è che la fidanzata, aprendo il portafogli di Michele, si meraviglia: «Ma che so’ tutti sti soldi!».
©RIPRODUZIONE RISERVATA