Profilo falso su Facebook per fare colpo, condannato 

Giovane usa nome e foto finti per tentare di impressionare una minorenne Ma la madre della ragazza scopre tutto e scatta la pena di quattro mesi

CHIETI. Usare su Facebook un profilo falso, rubando foto e nomi di altre persone, è reato. A dirlo è una sentenza del tribunale di Chieti: il giudice monocratico Andrea Di Berardino ha condannato a 4 mesi di reclusione – per sostituzione di persona – un uomo di 27 anni perché, «al fine di procurarsi un vantaggio», si è presentato a una minorenne teatina, tramite il più noto dei social network, «con una falsa identità». L’imputato, difeso dall’avvocato Graziano Celestini del foro dell’Aquila, è stato invece assolto dall’accusa più grave, ovvero tentata violenza privata, «perché il fatto non sussiste».
Tutto comincia nel 2016 quando Valentin Paul Morariu, originario della Romania ma residente a Torrevecchia Teatina, conosce su Facebook una studentessa di 16 anni. Lui, si scoprirà poi durante l’inchiesta, utilizza però un profilo fake: finge di chiamarsi Giuseppe Pino D’Angelo e si presenta con un’immagine di un ragazzo più giovane. I due cominciano a scambiarsi anche delle foto che li ritraggono nudi. I problemi cominciano quando Valentin invita la ragazzina ad uscire. Lei risponde di no e, in base a quanto riportato in denuncia, l’uomo la minaccia di diffondere ad altri quelle foto osé. Quando la madre della sedicenne scopre tutto, decide di rivolgersi alla polizia: trattandosi di immagini pornografiche di minori, all’inizio la procura competente è la Distrettuale dell’Aquila. Vengono così sequestrati cellulare e computer del romeno, ma di quelle immagini non c’è traccia. Il fascicolo viene girato, per competenza, alla procura teatina e l’uomo finisce sotto accusa per due reati. Il primo è tentata violenza privata perché «poneva in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la minorenne a incontrarlo mediante la minaccia consistita nel prospettarle che, qualora non avesse aderito al suo invito, avrebbe reso pubbliche delle fotografie in suo possesso che la ritraevano nuda. Non riusciva nell’intento», sostiene la procura, «per fattori estranei al suo volere». L’altra accusa è sostituzione di persona, che prevede una pena fino a un anno ed è procedibile d’ufficio. Il «bene giuridico» protetto dalla norma è la fede pubblica, ovvero – nel caso dei profili fake – la fiducia che gli utenti ripongono nelle identità altrui.
Arriviamo così all’ultima udienza. L’imputato, che nel frattempo si è trasferito in Irlanda del Nord per lavoro, fa recapitare al tribunale una lettera in cui racconta la sua versione dei fatti e sottolinea di non avere precedenti penali. Più nello specifico, assicura che non avrebbe mai inviato ad altri quelle foto hard anche se, in un momento in cui ha perso il controllo, ha scritto sulla chat una frase del tipo: «Non so se le terrò solo per me». Il pm d’aula Alissa Miscione chiede la condanna a un anno di reclusione contestando entrambi i reati. Ma il giudice condanna l’imputato a quattro mesi (pena sospesa e non menzione) solo per sostituzione di persona. Le motivazioni verranno depositate entro 15 giorni.