«Rispettiamo il volere di Severino»

Il cognato di Mingroni: faremo ciò che lui decide. L’ex bidello: spero di morire prima di mia madre

CASOLI. «Cercheremo sempre di fare ciò che è bene per lui rispettando la sua volontà». Gianni Porreca è il cognato di Severino Mingroni, il “lui” precedentemente detto, è l’affermazione segue l’appello di Severino: «Aiutatemi a morire». A scanso di equivoci Porreca aggiunge: «Tutto questo non ci fa piacere, ma certe cose bisogna toccarle con mano per essere capite». Severino, 55 anni, presidente onorario di Radicali Abruzzo, è affetto da oltre 18 anni dalla sindrome di “locked-in” nella quale il paziente è cosciente e sveglio, ma non può muoversi o comunicare a causa della completa paralisi dei muscoli volontari del corpo. Oggi chiede il suicidio assistito.

Tutto ha inizio il 22 ottobre 1995, domenca mattina, quando una trombosi ostruisce a Severino, usciere presso l’Università di Chieti, l’arteria basilare destra che provoca una lesione dal 5° al 12° nervo cranico. Inizia il calvario. È lo stesso Severino a destriverne l’inizio nel suo blog: «All’inizio, ero perfettamente immobile e muto, riuscendo a muovere solo la palpebra destra, con cui “parlavo” secondo un codice elementare; poi, col tempo e con molta terapia, rimasi sempre tetraplegico e muto ma, riacquistai il controllo volontario della testa, grazie alla “resurrezione” dei muscoli del collo. La mia terapista occupazionale del Santo Stefano di Porto Potenza Picena, pensò bene, allora, di farmi gestire il computer proprio e soprattutto con la testa, grazie ovviamente ad ausili informatici adatti a me. Tornato a casa, i miei familiari trovarono un ausilio informatico molto più opportuno e semplice per me e che mi permetteva, e mi permette tuttora, di gestire completamente un pc».

Severino è immobile ed è assistito dalla madre, Armelinda, e da un’infermiera albanese, assunta grazie alla legge sulla “Vita Indipendente”, altra battaglia di Severino, legato all’associazione Luca Coscioni ed è tra i sostenitori della proposta di legge sull’eutanasia legale. «Dopo più di 18 anni», afferma Severino, «non ne posso più siccome i nostri politici non concedono quasi nulla, nemmeno il suicidio assistito, e siccome infine non ho molti soldi, chiedo davvero a un’anima buona di porre finalmente fine alla mia vita infernale, appena mia madre non ci sarà più. Sì, perché non voglio morire andando in Svizzera: voglio porre fine alla mia vita infernale qui nel mio letto».

Quattro anni fa Severino scrisse in un post: «Una domanda di Severino al ministro Sacconi: è civile il Paese dove per “evacuare” devo chiedere a mia madre di stimolarmi gli sfinteri due volte la settimana?». «I blog di Severino», afferma Maria Carmela Ricci che oltre a gestire il sito Casoli.org aiuta Severino nella navigazione in rete, «sono molto più commentati da persone non del territorio, forse qui si ha paura ad affrontare certi argomenti».

Oltre alla stanchezza Severino ora ha paura della morte della mamma che ha 80 anni. «Se io sarò malauguratamente vivo quando mia madre morirà, la seguirò poco dopo per un blocco intestinale. Non che mi dispiaccia morire. Anzi: meglio la morte che questa vita infernale. Tanto che, se avrò un blocco intestinale, mi rifiuterò di essere operato, appellandomi al secondo comma dell’articolo 32 della Costituzione».

Matteo Del Nobile

©RIPRODUZIONE RISERVATA