Telefonate a spese della Asl, assolti 

Cadono le accuse contro due dipendenti: nessuna chiamata per scopi privati

LANCIANO. Nessuna telefonata a spese della Asl. Dopo quasi 6 anni di udienze e sentenze, si chiude con l’assoluzione perché il fatto non sussiste il caso dei dipendenti Asl Monia Iachini e Nicola D’Orsogna, di Lanciano, accusati di aver usato il telefono del centralino dell’ospedale Renzetti per chiamate non di servizio. La Corte di appello di Perugia ha azzerato le accuse.
D’Orsogna, centralinista, avendo disponibilità delle linee telefoniche le avrebbe usate per chiamare i propri familiari, moglie e figlia e il suo telefono per ricaricarlo, causando una spesa per l’azienda di 343,38 centesimi tra maggio e giugno 2010. Per lo stesso periodo di tempo, risulterebbe l’uso del telefono da parte della Iachini, che avrebbe ricaricato il suo telefono per 62 euro: l’infermiera secondo l’accusa si sarebbe fatta chiamare dai telefoni del centralino per potersi auto ricaricare. I due dipendenti non si conoscevano quindi non erano d’accordo nel creare danno alla Asl. In primo grado così i giudici li avevano condannati per peculato d’uso a 5 mesi di reclusione (pena sospesa) e al risarcimento danni alla Asl delle somme che avrebbero “rubato”. Il legale dell’infermiera Alessandro Troilo e del centralinista, gli avvocati Carmine Di Risio e Cinzia Breda, sono andati avanti sostenendo l’innocenza dei due. La condanna, confermata in appello, è stata annullata dalla Corte di Cassazione che ha rinviato gli atti a Perugia. «Nonostante il reato fosse prescritto la Corte d’appello perugina è andata avanti lo stesso e ha accolto le tesi difensive di assoluzione», commenta l’avvocato Troilo, «ha quindi assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste, i due dipendenti Asl e ha anche revocato il risarcimento danni e le spese processuali. Con questa sentenza dopo 6 anni la vicenda è definitivamente chiusa, e si è chiusa, per la mia assistita, nel migliore e nel più giusto dei modi: l’assoluzione piena». (t.d.r.)