CHIETI

Tre morti in poche ore per la febbre alta 

Casi a Lanciano (due pazienti di Vasto e San Salvo) e a Chieti. Eseguita un’autopsia

LANCIANO. Febbre altissima, e nel giro di poche ore, la morte. Sono tre i casi di morte per probabile ipertermia avvenuti nei giorni scorsi: due a Lanciano, di due pazienti vastesi che non hanno trovato posto nella Rianimazione dell’ospedale San Pio e sono stati trasferiti al Renzetti, e uno nel policlinico di Chieti. Tre pazienti che presentavano gli stessi sintomi, ossia febbre altissima, con spossatezza, perdita di coscienza, resistenza a qualunque terapia fatta per abbassare la temperatura corporea e poi la morte.
Quali le cause all’origine di questi decessi? Sono le stesse? Per una delle vittime, Adriana D’Aloisio, 51 anni, di Vasto, si proverà a fare chiarezza. È stato infatti aperto un fascicolo dal sostituto procuratore Rosaria Vecchi su richiesta dello stesso ospedale Renzetti, ma non, al momento, dai famigliari della donna. Sono stati gli stessi medici della Rianimazione a chiedere alla Procura di Lanciano che venissero disposti gli esami necroscopici per capire quale sia stata la causa del decesso della 51enne. Esclusa la meningite, esclusa anche per il paziente di Chieti dal reparto di Malattie infettive del Santissima Annunziata, e della donna di San Salvo, si ipotizzano lo shock settico o un colpo di calore.
Prime risposte si cercavano nell’autopsia affidata ieri mattina dalla Procura al medico legale Pietro Falco ed eseguita ieri pomeriggio. Presente anche il medico legale della famiglia rappresentata dagli avvocati Arnaldo e Francesco Tascione, del Foro di Vasto. La vicenda è seguita dai carabinieri di Lanciano. Ma non sono giunte risposte certe. La donna, secondo le prime indagini, si è sentita male domenica sera, 6 agosto. Ha cominciato ad accusare spossatezza, poi è sopraggiunta la febbre molto alta; ha perso coscienza. È stata così portata dai familiari all’ospedale San Pio di Vasto. Le sue condizioni, però, sono peggiorate di ora in ora fino ad arrivare al coma. Non c’erano posti nel reparto di Rianimazione del presidio vastese e quindi, alle 5,10 di lunedì, la donna è stata portata, già intubata e sedata, a Lanciano. Qui è morta la sera stessa, alle 22,50. Ogni tentativo di salvarla è stato inutile. Non avrebbe reagito alle terapie per abbassare la temperatura, alle coperte refrigerate, al ghiaccio. Nulla. La febbre è arrivata a 42,8, poi è scesa leggermente a 42,3, per rialzarsi di nuovo e causare la morte della donna.
Drammatica la notizia data ai famigliari, impietriti dal dolore e dallo sgomento. Condiviso dai medici che hanno chiesto alla Procura di poter effettuare l’autopsia per capire che cosa sia accaduto.
Anche perché la morte della D’Aloisio, segue quella di una donna di San Salvo che ha avuto lo stesso decorso: arrivo al Renzetti da Vasto in coma, con febbre altissima e morte in poche ore. Ma il quadro della donna di San Salvo era molto più complesso, avendo anche diverse patologie di base.
Ma l’autopsia non ha rivelato le cause del decesso della D’Aloisio. È stata un’“autopsia bianca”: cioè a livello macroscopico non sono emerse cause evidenti, elementi patologici che potessero indirizzare il medico verso una diagnosi, dare risposte precise. Il dottor Falco ha poi eseguito il prelievo di tessuti e liquidi per gli esami istologici e tossicologici la cui risposta si avrà tra 60 giorni. Ad assistere all’autopsia anche un perito nominato dalla famiglia della D’Aloisio.
«Oltre alla relazione del nostro perito», dice l’avvocato Arnaldo Tascione, «stiamo acquisendo documentazione, analisi e cartelle cliniche. Ci riserviamo di esaminare tutto questo materiale e poi valuteremo il da farsi».
Cartelle, sia di Lanciano che dell’ospedale di Vasto, acquisite anche dai carabinieri. La salma della D’Aloisio è stata restituita ai famigliari e oggi, alle 15.30 nella chiesa di San Paolo, a Vasto, ci sarà il funerale.
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