Vasto, il ritorno del capodoglio davanti a Punta Penna

Sorpresa nella foto scattata a un surfista: c’è la coda del cetaceo vicino alla riva. Taglioli (Wwf) contatta gli esperti

VASTO. Scattando fotografie all’amico che fa kite-surf nello specchio di mare antistante la spiaggia di Punta Penna può capitare di immortalare anche la coda di un capodoglio che fa capolino tra le onde. Ed è proprio quello che è accaduto nei giorni scorsi a due appassionati di quella disciplina sportiva, una delle più praticate nella riserva naturale di Punta Aderci. L’episodio, segnalato a Stefano Taglioli, guardia ecologica del Wwf e membro del Centro studi cetacei (Csc), ha subito riportato alla memoria lo spiaggiamento, avvenuto due anni fa, di sette capodogli, tre dei quali morti dopo essersi arenati sulla battigia nonostante una mobilitazione senza precedenti.

Insomma, Punta Penna si riconferma la spiaggia dei capodogli, oltre che un importante sito di interesse naturalistico. Nonostante il mare burrascoso e il vento forte, Taglioli (che è anche autore di un libro “Il Forestiero, un racconto di uomini e balene”) è subito andato sul posto, ma non ha trovato niente da segnalare ulteriormente, se non l’arrivo in porto, spinti dalla burrasca, di un centinaio di Berte minori, uccelli che di solito vengono avvistati alle isole Tremiti.

«Mi sono subito messo in contatto con Vincenzo Olivieri del Centro studi cetacei», spiega la guardia ecologica del Wwf, «l’immagine, da uno smartphone, non è molto chiara, ma è molto probabile che si tratti della coda di un capodoglio. Comunque, il precedente dello spiaggiamento dei sette cetacei a Punta Penna del settembre 2014, la profondità di soli 7-8 metri del fondale nella zona dell’immagine fotografica, nonchè la presenza in zona di reti da posta, hanno fatto scattare subito l’allarme».

L’episodio ha dato anche la stura a una interessante proposta: collocare sulla spiaggia e nella riserva di Punta Aderci un cartellone sulla storia dello spiaggiamento, nonchè indicazioni a cittadini e turisti per l’identificazione di cetacei e tartarughe. «Altrimenti si rischia di citare l’area protetta solo per il suo bel mare e l’enorme folla di turisti che richiama, mettendo in secondo piano le sue peculiarità naturalistiche», chiosa Taglioli. Il ricordo dei capodogli spiaggiati è vivo nella memoria dei vastesi. Tutti rammentano l’eccezionale mobilitazione e l’incredibile corsa di centinaia di volontari nel tentativo di salvare i sette cetacei che si arenarono sulla spiaggetta di Punta Penna, riaccendendo i riflettori sulla fragilità del mare Adriatico. Le carcasse dei tre esemplari morti furono interrate in una località segreta, ad una profondità di almeno due metri in esecuzione di un’ordinanza dell’allora sindaco Luciano Lapenna. Tra cinque anni è previsto il disseppellimento e la ricomposizione dell’apparato scheletrico per motivi di ordine scientifico, come suggerito dal Centro studi cetacei.

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