Borboni o Sabaudi, la disfida di Civitella del Tronto 

Lo scrittore Paolo Mieli e il sindaco di Napoli Luigi de Magistris a confronto oggi alle 18 in un luogo simbolo del Risorgimento: diretta sulla pagina Facebook del Centro

Non è solo un dibattito storico quello che andrà in scena, oggi a partire dalle 18, nella sala del consiglio comunale di Civitella del Tronto, fra il giornalista e scrittore, Paolo Mieli, ex direttore della Stampa e del Corriere della Sera, e Luigi de Magistris, l’ex magistrato oggi sindaco di Napoli.
Il tema è spiegato nel titolo dell’incontro (a ingresso libero), che sarà moderato da Primo Di Nicola, direttore del Centro: “Il territorio che non si arrende” (Dal Risorgimento alla rinascita.Napoli e Civitella a confronto). Un tema, quello dell’unificazione dell’Italia attuata dai Savoia, che non ha mai smesso di percorrere, come fiume carsico, il dibattito politico e culturale, oltre che storiografico, nel Paese, e che il dibattito di oggi (che sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook del Centro a partire dalle 18) riporta alla ribalta in un luogo simbolico del Risorgimento, in quella Civitella del Tronto che è stata per secoli sentinella dei confini settentrionali del Regno di Napoli e delle due Sicilie, tanto da risultare l’ultima roccaforte borbonica a resistire ai Savoia.
Da questo storico legame, che accomuna Napoli e Civitella, prenderà avvio la conversazione tra i due ospiti, anche attraverso l’esplorazione dei rispettivi saggi: "Il caos italiano" di Paolo Mieli e "La città ribelle" di Luigi de Magistris. L’incontro, curato da Greta Salve, è realizzato con il sostegno della Fondazione Tercas.
«Tutte le generazioni», spiegano le note di presentazione dell’incontro, «hanno l’esigenza di tornare ad indagare sul proprio passato, recente o remoto ed è in questo viaggio, che faranno da guida Mieli e de Magistris: rivisitare il passato per riflettere sul presente. E provare a capire le origini dei nostri mali».
Alle origini del male italiano è dedicato l’ultimo saggio di Mieli, “Il caos italiano”. Nel libro, che ha per sottotitolo “Alle radici del nostro dissesto”, Mieli, da storico allievo di Renzo De Felice, individua alcune costanti di un certa antropologia politica nazionale che possono spiegare la natura incompiuta della democrazia italiana, mai fino in fondo capace di imparare l’alfabeto dell’alternanza. Una delle radici del dissesto del Belpaese, secondo il giornalista e storico, è proprio il modo in cui si giunse all’unificazione dell’Italia. «Ed ecco perciò», ha scritto Paolo Macry sul Corriere, recensendo il libro di Mieli, «le molte pagine dedicate al dibattito (tuttora aperto) sul Risorgimento, sulla singolarità di un’unificazione realizzata in feroce contrasto con la Chiesa nazionale, sul carattere estremamente minoritario delle élite in un Paese di analfabeti, sulla repressione del brigantaggio meridionale».
E’ in quell’alba dello Stato liberale che Mieli vede la radice della incapacità della nazione - e sopratutto della sua classe politica, con poche eccezioni - di educarsi all’alternanza, di comprendere cioè che «è normale stare lungo una stagione parlamentare ai banchi del governo e nella successiva su quelli dell’opposizione».
Ma l’attualità del tema del passaggio, per il Meridione, dal regno borbonico a quello sabaudo, nasce anche dal clima politico europeo, non solo italiano. Quello che oggi vede risorgere un po’ dappertutto l’idea delle piccole patrie, di comunità fondate su condivise radici storiche, linguistiche e culturali dopo la lunga “stagnazione” degli anni della Guerra fredda. Una tendenza che vede nel tentativo indipendentistico della Catalogna, in Spagna, solo l’ultima esemplificazione. A questo aspetto ne va aggiunto un altro, quello del revisionismo storico che, non da oggi, ha portato alla luce la natura spietata di alcuni episodi della presa di possesso del Sud da parte dei piemontesi. Questo tema è al centro, per esempio, della richiesta di istituire per legge una Giornata della memoria per le vittime civili delle truppe sabaude. A farsene promotori, in Abruzzo, sono stati i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, facendosi interpreti di un sentimento che, benché spesso sottaciuto, scorre da tempo nelle vene delle popolazioni meridionali, al di là del giudizio storico su quei fatti che, dopo più di 150 anni, resta ancora aperto e sul quale la discussione di oggi a Civitella del Tronto promette di dire parole, se non definitive, non scontate.
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