Carlo D’Andrea, intuito e rischio: «Così ho conquistato la Cina» 

Radici salde a Pescara, sede del suo studio legale con Shanghai, Nanchino, Chongqing, Pune, Roma l’avvocato capisce tra i primi le potenzialità di quel Paese e si butta. Dopo laurea e borse di studio

SHANGHAI . Tante ore di volo fra Cina e Italia, tanta passione per una carriera forense internazionale partita proprio dall’Abruzzo, la sua terra. Carlo Diego D'Andrea, avvocato internazionale, fondatore dello Studio Legale D'Andrea & Partners con sedi a Shanghai, Nanchino, Chongqing, Pune, Roma, non ha voluto mai tagliare il cordone ombelicale con la sua città, Pescara, dove ha scelto di conservare una sede per il suo studio e dove, anni fa, ha intuito prima di altri l’importanza dello sviluppo nei rapporti commerciali Italia-Cina e un nuovo orizzonte per l’assistenza e le consulenze che un giovane legale aperto al mondo poteva riservare a questo profilo di clientela.
Oggi la Cina è vicinissima per lei, ma quando ha cominciato a scorgerla “possibile”, seppur lontana?
Quando ero ancora agli inizi, ma già mi rendevo conto che la società stava cambiando davvero molto rapidamente per la mia professione e si potevano aprire nuove opportunità solo guardando all’estero. Grazie a una borsa di studio ho seguito così un corso universitario di lingua cinese all’Università Normale di Nanchino e ho iniziato a prendere confidenza con questo grande Paese.
Quale è stato il suo percorso di formazione?
Mi sono laureato in giurisprudenza aTeramo, poi corso in international law alla Universitat de Barcelona e master in Giurista di Impresa alla Luiss e, dopo la pratica forense, ho lavorato in uno studio legale romano.
Studiava cinese e imparava l'arte in uno studio internazionale italiano, poi è arrivata la svolta.
Me la sono conquistata in realtà. Ho rischiato, ma sentivo di avere gli strumenti per fondare uno studio innovativo, un ponte fra realtà che stringono sempre più contatti economicamente virtuosi, come Italia e Cina. E mi sono messo in proprio, a Shanghai.
Cosa l’ha convinta?
Qui molte società che operano in Italia scelgono grandi studi legali di Milano e Roma, che magari non hanno sede in Cina, infatti tanti commercialisti e avvocati italiani diventano nostri clienti proprio per soddisfare le esigenze dei loro assistiti cinesi. I quali, però, preferiscono oggi uno studio dal profilo internazionale che ha base nel loro Paese e perfetta interazione linguistica e culturale. Ho scelto un partner principale cinese, Matteo Zhi, formato in Cina, avvocato di Shanghai che ha studiato anche a Roma Tre, con grande esperienza in consulenza aziendale. Il valore aggiunto è poter contare su professionisti italiani che parlano il cinese e professionisti cinesi che parlano l’italiano, sembra strano dirlo nel 2017, nell’era social, ma la comunicazione è ancora un handicap per molti.
Lei quante lingue parla?
In modo fluente inglese, spagnolo e cinese mandarino.
Come è strutturato il suo studio?
Conserva aspetti dello studio legale italiano classico e altri di tipo anglosassone, offre servizi a 360 gradi, non solo assistenza legale ma consulenze specializzate per lo sviluppo e le trasformazioni aziendali. Ci occupiamo di investimenti diretti, fusioni e acquisizioni, procedure antitrust, strategie legate alla proprietà intellettuale e contratti commerciali internazionali, controversie in materia di lavoro, concorrenza sleale e anti-monopolio. Seguiamo l'internazionalizzazione delle società italiane in Cina ma anche in India e Russia, dove siamo presenti, e in modo simmetrico gli investimenti cinesi, indiani e russi in Italia. Sono mercati difficili e c’è bisogno di assistenza costante e di livello. Oggi siamo più forti nel mercato cinese, siamo tra l’altro il primo studio internazionale italiano con sede a Chongqing. Abbiamo fatto crescere all'estero tante società, costruendo rapporti di fiducia tra legali e manager o proprietà delle aziende.
Che tipo di clientela avete?
Premetto che la stessa attenzione è riservata a tutti i clienti, perché anche una piccola e media impresa italiana, se proiettata in questi mercati nella giusta direzione, ha esigenze e potenzialità di alto profilo. La nostra è una clientela variegata, dalle aziende di ogni ordine ai professionisti, offriamo i nostri servizi anche a realtà come Ansaldo Breda, ai gruppi Fiat e Marcegaglia, ad alcune squadre di calcio italiane di serie A.
Da poco avvocato è stato eletto presidente della Camera di commercio dell'Unione Europea in Cina.
Una bella soddisfazione. È la prima volta per un italiano in 17 anni dalla sua creazione, si tratta di una associazione molto attiva e partecipata che sostiene le società europea con sede cinese nei rapporti con il governo.
La sua carriera, la sua vita, sono quotidianamente proiettate in una dimensione internazionale, ma non ha mai abbandonato l'Abruzzo, anzi.
Sono partito da lì, è la mia regione e conserva un ruolo fondamentale nella mia vita e nel mio lavoro. Torno alcune volte all'anno nella nostra sede di Pescara, retta da due colleghi fondamentali per me e per la mia professione, gli avvocati pescaresi Roberto Saccoccia e Donatella Laureti. Ho stretto rapporti di cooperazione con l'ateneo teramano per formare a Shanghai alcuni studenti, il primo a inaugurare questa esperienza è stato Riccardo Verzella, ed è in corso un progetto con il Comune di Cappelle sul Tavo per finanziare due borse di studio destinate a studenti brillanti e senza particolari disponibilità economiche. Insomma è il nostro modo di restituire qualcosa al territorio in cui ho mosso i primi passi, dimostrare che è importante guadagnare ma ancor più bello ridare qualcosa indietro.
Come vede questo Abruzzo da Shanghai?
Con mille potenzialità e il freno a mano tirato. Stiamo facendo tanta opera di sensibilizzazione, anche con l’università di Teramo sulle startup per esempio. C’è una visione ancora molto negativa del mercato cinese e della internazionalizzazione in generale, con pregiudizi infondati, del tipo “se esporto in Cina mi copiano, mi sequestrano la merce, non mi pagano le fatture”. Gli abruzzesi dovrebbero osare di più, puntando sulle proprie eccellenze, food e beverage ma non solo. Chi è stato lungimirante può dimostrare i suoi successi, penso a realtà regionali a noi vicine come alcune case vinicole abruzzesi o aziende quali Valagro e Fameccanica. Un altro problema, poi, è di tipo istituzionale. C’è troppa frammentazione e spesso poca operatività e competenza fra le istituzioni preposte alla internazionalizzazione delle imprese d'Abruzzo..