Da Van Gogh a Freud Quest’anno gli attori italiani mettono in scena i grandi 

Alessandro Preziosi sarà il pittore in uno spettacolo del Teatro stabile d’Abruzzo E poi Fabrizio Gifuni nei panni di Freud e Giulia Lazzarini come Levi Montalcini

Ci sono uomini, come J.F. Kennedy, Ghandi o i nostri Falcone e Borsellino, che solo con il loro esempio o parole hanno cambiato per sempre il mondo. Grandi talenti nella propria «arte», come Michelangelo, Freud o Rita Levi Montalcini, che con il proprio talento hanno inciso in maniera indelebile nel sapere dell'uomo. Ma anche persone “comuni” entrate con il loro coraggio a far parte delle pagine della Storia.
È soprattutto a loro che guarda il Teatro del 2018, in una seconda metà di stagione che uno dopo l'altro porta in scena vite e ambizioni dei grandi uomini e donne dell'ultimo secolo e non solo. Quasi a monito. O forse un augurio.
Prima star dell'anno è Vincent Van Gogh, il tormentato maestro dei girasoli, che dopo il debutto al Napoli Teatro Festival Italia parte in tournée a fine gennaio interpretato nella sua geniale follia da Alessandro Preziosi ne «L'odore assordante del bianco» di Stefano Massini. Lo spettacolo - coprodotto dal Tsa (Teatro stabile d’Abruzzo) - farà tappa anche in Abruzzo: il 7 e l’8 marzo al Comunale di Teramo; il 13 e il 14 marzo al Ridotto del Comunale dell’Aquila; e il 14 e il 15 aprile al Marrucino di Chieti.
Quasi a far da contrappunto, al Piccolo di Milano debutta invece il maestro della psicoanalisi con «Freud o l'interpretazione dei sogni», testo ancora una volta di Stefano Massini con Fabrizio Gifuni e un cast di 15 attori diretti da Federico Tiezzi (23 gennaio-11 marzo). E se le parole hanno davvero un peso, Valentina Lodovini e Ivano Marescotti mettono in fila tutti i grandi discorsi, da Demostene a Martin Luther King, passando per Ghandi, Kennedy, Churchill, Fidel Castro, Mandela e persino Umberto Eco, in «I have a dream - Le parole che hanno cambiato la storia» di Gabriele Guidi ed Ennio Speranza (anteprima, Gubbio 20 gennaio). Seppure a noi meno noto, ha cambiato la Storia anche Thomas Sankara, il “Che Guevara africano” interpretato da Alberto Malanchino in «Verso Sankara», una delle figure politiche più carismatiche del '900 che in soli tre anni ha trasformato il Burkina Faso imponendo parità femminile, vaccinazione popolare, educazione contro l'infibulazione e l'Aids, lotta alla desertificazione e all'analfabetismo (Milano, Franco Parenti 8-20 maggio). E c'è anche il sacrificio supremo di José Valenzuela Levy, nome di battaglia comandante Ernesto, che a soli 28 anni nel 1986 organizzò il fallito attentato contro Pinochet. Il dittatore si vendicò con una catena di torture e delazioni nella Matanza del Corpus Christi, oggi raccontata da Cristina Crippa e Alessandro Bruni Ocana ne «L'acrobata» di Laura Forti, che di «Pepo» (come lo chiamavano in famiglia) era cugina, per la regia di Elio De Capitani (prima nazionale Milano, Elfo Puccini 8 gennaio-4 febbraio).
È la banalità del Male, forse, direbbe Hannah Arendt. Anzi, «La banalità dell'amore», come nella piece di Savyon Liebrecht diretta da Piero Maccarinelli in cui Anita Bartolucci da corpo e voce alla filosofa e storica nata in Germania e trasferitasi in Israele fin da bambina, in un'ideale intervista in cui si ripercorre il suo pensiero sul processo Eichmann e l'innamoramento per Martin Heidegger, uno dei più importanti pensatori del '900, dichiaratamente Nazionalsocialista. (debutto Napoli, Mercadante 28 febbraio-11 marzo).
A ispirare dalla scena sono poi le donne della Scienza, come Rita Levi-Montalcini interpretata da una grande signora del teatro come Giulia Lazzarini in «Le parole di Rita» di Valentina Patera e Andrea Grignolio (Roma, Vittoria 8-13 maggio). O ancora i grandi della Arti, con il «Mozart» da Wolfgang Hildesheimer di Giuseppe Cederna (Roma, India 10-21 gennaio poi tournée) e del «Mittente: Wolfgang Amadé Mozart» con Tullio Solenghi e il Trio d'archi di Firenze (già in tournée). O ancora il Michelangelo di «Giudizio Universale», nuovo show immersivo ideato dal «mago» delle Cerimonie Olimpiche Marco Balich con la consulenza dei Musei Vaticani, dal 15 marzo all'Auditorium della Conciliazione, proprio a due passi dalla Cappella Sistina a Roma. A 500 anni dalle 95 tesi contro le indulgenze papali, ci si interroga anche su cosa sia rimasto dell'eredità di Martin Lutero con «Il giorno di un Dio» di Cesare Lievi (Roma, Argentina 12-21 gennaio poi tournée). Ma è soprattutto agli eroi “comuni” del nostro recente passato che il teatro rende omaggio in questa seconda parte di stagione. Come le madri, mogli, sorelle e figlie dei deportati del nazifascismo in seguito agli scioperi del '43 che paralizzarono i grandi stabilimenti del Milanese, con Maddalena Crippa in «Matilde e il tram per San Vittore» di Renato Sarti (Milano, Piccolo 24-28 gennaio). O a Mario Carrara, uno dei dodici docenti universitari che rifiutarono fedeltà al fascismo, ne «Il giuramento» di Claudio Fava (Torino, Astra 16-18 gennaio). E ancora, «Perlasca. Il coraggio di dire “no”» con Alessandro Albertin (in tournée da fine gennaio); l'omaggio a Don Milani nel cinquantenario della morte con «Vangelo secondo Lorenzo» di Maura Perini e Leo Muscato (Milano, Franco Parenti 2-6 maggio). Infine, ferita mai rimarginata, nei giorni della strage di Capaci, doppio omaggio a due uomini simbolo della lotta alla mafia con Filippo Dini in «Novantadue. Falcone e Borsellino, 20 anni dopo» (Roma, Eliseo 2-6 maggio); e Massimo De Francovich in «Paolo Borsellino Essendo Stato» di Ruggero Cappuccio (Milano, Franco Parenti 15-20 maggio).
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