«Ecco Zac e i suoi Fiori del Male»

A Venezia il fim sul vignettista abruzzese di Massimo Denaro diplomato all’Aquila

di Anna Fusaro

L'universo beffardo e controcorrente di Pino Zac, il grande autore satirico fondatore, nel 1978, della rivista Il Male e disegnatore di punta dal 1958 per Le Canard Enchaîné, scomparso prematuramente trent'anni fa a Fontecchio dove viveva da tempo, rinasce nel documentario di Massimo Denaro (nella foto), “Zac, i fiori del Male”, in scaletta martedì alla 72ª Mostra di Venezia. Il lungometraggio sulle opere e i giorni di Giuseppe Zaccaria/Pino Zac, natali a Trapani nel 1930 e infanzia a Pratola Peligna (il paese materno) in Abruzzo, è il film di diploma del 28enne ragusano Denaro a conclusione del corso triennale di reportage audiovisivo inaugurato nel 2011, all'Aquila, dalla Fondazione Scuola nazionale di cinema. La sede Abruzzo è stata voluta dalla Fondazione Snc, presieduta dallo sceneggiatore e regista Stefano Rulli, che insieme alla soddisfazione per l'invito di “Zac, i fiori del Male” al Lido esprime preoccupazione per il destino della scuola aquilana, appesa agli umori della Regione. Denaro è uno dei primi diplomati. Prima del film su Zac e la sua casa-atelier di Fontecchio qualche corto autoprodotto e la web serie “Cinepausa” con RoMoStudio per una multinazionale delle merendine. «Mi sono iscritto dopo la laurea in grafica e progettazione multimediale», racconta lui al Centro. «Ho iniziato il corso a febbraio 2012, a L'Aquila c'erano tre metri di neve, passare dai 20 gradi di Ragusa a meno 20 è stato traumatico».

Perché il corso all'Aquila?

«Sono appassionato di cinema e di reportage, e conoscevo già L'Aquila prima del terremoto. Mi ero appena laureato, c'era la guerra in Libano, volevo partire come reporter ma poi è uscito il bando: cinema, L'Aquila, reportage, tutte le mie passioni. Invece di farmi ammazzare in guerra mi sono iscritto al corso».

Zac è morto nel 1985, quando lei era nel mondo delle idee. Come l'ha scoperto?

«Ho sentito parlare per la prima volta di lui all'università a Roma. Una chiacchierata per i corridoi con un docente di grafica, solo alcune parole ed esce fuori il mito dell'autore indipendente e incorruttibile, con un nome decisamente curioso, tagliente, Zac. Poi l'ho ritrovato all'Aquila. Nell'inverno 2013, al secondo anno di corso, tra le tracce sottoposte agli allievi per realizzare gli esercizi c'era palazzo Muzj, il castello di Fontecchio, ultima casa di Pino Zac, un universo zacchiano in abbandono a pochi chilometri dall'Aquila. Siamo andati in sopralluogo con tutto il corso. Nel palazzo tutto è sospeso dal 1985. Mi ha ricordato quel che ho visto in molte abitazioni aquilane abbandonate in fretta per il terremoto, ogni cosa al suo posto, pennelli, colori, tavoli, libri, vestiti, letti, medicine. Tutto come fosse in attesa del ritorno del padrone, uscito di fretta a comprare il giornale. Ha inizio qui la mia ricerca sulla figura di Pino Zac. Mi sono buttato a capofitto nel progetto, concentrandomi soprattutto sulla fase della rivista Il Male, seguito dai docenti della scuola dalla fase di scrittura fino alla post produzione».

Com'è costruito il film?

«In 65 minuti si susseguono le testimonianze di Valter Zarroli, Vauro, Riccardo Mannelli,Vincino, Vincenzo Sparagna, Jacopo Fo e Drahomira Biligova, moglie di Zac, conosciuta quando lui girava a Praga, durante i moti della Primavera, “Il cavaliere inesistente” da Calvino. Autori cresciuti con lui nel Male, suoi allievi. Molti di loro saranno a Venezia all'incontro sulla satira italiana prima della proiezione (martedì, ore 21, Il Cinema nel Giardino, ingresso libero ndr). E poi le riprese a Fontecchio, nella sua casa. Da quella dimora abbandonata nascono, nelle varie stanze, le interviste. La casa è la metafora del suo lascito totalmente dimenticato. Ci sono anche delle animazioni, con personaggi delle sue strisce. Un segno che rivendica un altro aspetto dimenticato di Zac, autore, per Paese Sera, della prima striscia di fumetti per un giornale in Italia».

Si aspettava di andare a Venezia?

«L'aspettativa si confronta con la speranza. Questa c'era sicuro. Perché Zac era un mostro a livello artistico, autore a tutto tondo, pittore, regista, illustratore, un puer aeternus sempre contro, innamorato della libertà».

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