Giacobazzi: «Tutti nascosti dietro le nostre maschere» 

Giuseppe Giacobazzi racconta il suo spettacolo in scena il 24 febbraio a Pescara «Sui social non c’è controllo. Chiunque si sfoga in una maniera che non ha senso»

«Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti», scriveva il drammaturgo, scrittore e poeta siciliano Luigi Pirandello. Nel suo romanzo “Uno, nessuno e centomila”, il protagonista Vitangelo Moscarda si rende conto che ogni essere umano possiede numerose e differenti personalità, quante gli altri gliene attribuiscono. Centomila personalità che rendono ogni uomo “nessuno”. Da Pirandello e dalla disgregazione dell’Io, ma anche da Oscar Wilde, da Orwell e da Hornby, prende forma “Noi - Mille volti e una bugia”, il nuovo spettacolo di Giuseppe Giacobazzi. Il comico romagnolo, al secolo Andrea Sasdelli, tornerà a divertire il pubblico di Pescara il 24 febbraio al Teatro Massimo. L’inizio dello spettacolo è alle 21 (Biglietti disponibili su circuiti TicketOne e CiaoTickets. Prezzi da 40,25 euro a 25,30 euro. Organizzazione Best Eventi). Andrea Sasdelli e Giuseppe Giacobazzi, ossia l’uomo e la sua maschera. L’artista porta in scena un dialogo, interiore ed esilarante, che ripercorre 25 anni di convivenza, fatta di avventure, aneddoti, equivoci, gioie, malinconie. Dalla bottega sotto casa alle “app” per gli acquisti, dal ragù casalingo al robot da cucina programmabile con lo smartphone. Il tutto vissuto dall’uomo Andrea e raccontato dal comico Giacobazzi.
“Noi - Mille volti e una bugia”. Un titolo di pirandelliana memoria. Cosa l’ha ispirata nella costruzione dello spettacolo?
Mi sono ispirato al mio mondo, prendendo in prestito tutte le esperienze che ho fatto. Pirandello spiegava che sul nostro cammino incontriamo più maschere che volti e che indossiamo maschere a seconda di ciò che viviamo. Per vivere in comunità, appunto, siamo costretti a indossare maschere e non c’è nulla di male in fin dei conti, l’importante è esserne consapevoli.
Dove finisce la maschera e dove inizia l’uomo?
Ho combattuto con la mia maschera per tanti anni. Sono Andrea, ma la mia maschera è Giacobazzi. L’ho indossata e ho lottato con essa. Voglio bene a Giacobazzi, sia chiaro, mi aiuta a pagare il mutuo, è stata la mia maschera di riferimento. Ho tenuto il nome in suo onore, ma sul palco ci vado io.
Quanto ci facciamo condizionare dal giudizio altrui?
Moltissimo, purtroppo. Per questo dico che non ci vedo niente di male a indossare una maschera per vivere insieme agli altri. L’importante è ricordare chi sei, quali sono le tue priorità. C’è tanta gente che vive in base alla vita degli altri, che si sottopone continuamente a un giudizio e continuamente rinnova la maschera. Certe volte le maschere sono ben più belle, ma bisognerebbe tenere sempre ben presente chi c’è dietro.
Lo spettacolo è stato definito anche una sorta di omaggio al Dorian Gray di Oscar Wilde, dove è l’uomo a invecchiare e non il ritratto.
Dorian Gray potrebbe essere la mia maschera. Un Dorian particolare, però, perché, appunto, invecchia.
Quanto la tecnologia ha contribuito a far diventare ancora più spesse le maschere?
Molto. Sui social, ad esempio, non c’è controllo. Chiunque si sfoga in una maniera che non ha senso, ci sono persone che odiano a prescindere coprendosi da un anonimato che poi è anonimato fino a un certo punto. Se alcune cose le dici al bar trovano il tempo che trovano, ma se le scrivi ci se le ricorda. Anche questa è vita reale, ma non ci se ne rende conto.
Qual è oggi il ruolo del comico?
Io credo che raccontare agli altri paure, mancanze e debolezze con un sorriso e un po’ di ironia aiuti a esorcizzare. I miei spettacoli diventano un po’ una seduta terapeutica, sia per me che per il pubblico. Le emozioni che si scambiano sono fantastiche. Il teatro è sicuramente il luogo deputato a raccontare storie ed è il mio luogo preferito.
Torna spesso in Abruzzo. Qual è il suo rapporto con i fan abruzzesi e con la nostra regione?
La prima volta che sono venuto in Abruzzo sono stato all’Aquila. Mi innamorai di quella città. Ho tanti amici da quelle parti e sono molto legato a quel territorio. Amo l’Abruzzo, per il modo in cui gli abruzzesi intendono la vita e per la cucina. Mi ha messo molta tristezza tornare all’Aquila dopo il terremoto. Spero che possa tornare presto a splendere.
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