Riconoscimenti per Pescara e Roseto

L’Abruzzo brilla al Set Up Art Fair

La fiera bolognese premia Lucia Zappacosta e il giovane Vicerè

PESCARA. Doppia vittoria per l'Abruzzo nel campo dell'arte, a ulteriore conferma di quanto l'intelligenza e l'effervescenza del contemporaneo passi anche attraverso la nostra ragione.

Due sono infatti i premi che la Set Up Art Fair di Bologna ha assegnato ai giovani creativi abruzzesi Lucia Zappacosta (Pescara) e Maurizio Vicerè (Roseto degli Abruzzi), entrambi impegnati nei giorni scorsi nell'esposizione dei propri progetti in una delle fiere indipendenti più importanti a livello europeo, quella che in modalità “off” affianca la più nota Arte Fiera (23-25 gennaio). Lucia Zappacosta, della Galleria Alviani Art Space (Aurum), è stata premiata con 500 euro come miglior curatore under 35, grazie al progetto “Biophilia: a tasteful exhibition”, mentre Maurizio Vicerè è stato premiato con euro 1000 come miglior artista under 35 grazie all'opera “Preghiera”; entrambi hanno sviluppato in modo vincente il tema proposto dall'edizione di quest'anno, quello della terra e del nutrimento. Con “Biophilia” la Zappacosta ha presentato il lavoro di sei giovani artisti, anch'essi abruzzesi – Bruno Cerasi (1983), Hernàn Chavar (1979), Iolanda Di Bonaventura (1993), Jukuki (1976), Monica Maggi (1971) e Gloria Sulli (1982) – prendendo spunto dalle teorie dell’etologo Konrad Lorenz e del sociobiologo Edward Wilson.

Teorie tradotte in uno stand all'interno del quale i visitatori hanno preso contatto con la bellezza della natura, nutrendosene, grazie a una performance interattiva che li ha portati ad assaporare e interagire con vere e proprie opere d'arte commestibili. A convincere i giurati un lavoro che ha ben «indagato la declinazione del rapporto uomo-natura, per la scelta di affrontare la complessità delle relazioni osmotiche che regolano il ritmo esistenziale dell'essere umano nell'habitat biologico e, non ultimo, per la capacità del curatore di raccontare con puntualità e sintesi la riflessione in oggetto».

Maurizio Vicerè ha invece affrontato, con la sua “Preghiera”, l'aspetto sacro delle forme e dei fenomeni legati alla natura, convincendo la giuria «per la sensibilità e la delicatezza del trattamento materiale riferito ad un gesto sacro e profondo come la preghiera, per aver saputo cogliere la profondità e l'eternità del senso dell'unione coniugale rappresentata dalle fedi nuziali trasformandole in polvere d'oro, per il coraggio di donare un oggetto intimo e privato come gli anelli dei nonni all'arte facendone l'assunto estetico e simbolico di una fede che va oltre la dimensione temporale».

Federica D’Amato

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