La Colette di Keira il Cile di Nanni e la pietra di Corrado

Il cinema risarcisce il genio creativo delle donne, relegate nell’ombra o addirittura defraudate dall’impostura di compagni vanitosi e privi di talento. Lo abbiamo visto in questa stagione coi...

Il cinema risarcisce il genio creativo delle donne, relegate nell’ombra o addirittura defraudate dall’impostura di compagni vanitosi e privi di talento. Lo abbiamo visto in questa stagione coi personaggi immaginari di “The wife” e “Una storia senza nome”, e in “Mary Shelley” (“Frankenstein” fu inizialmente pubblicato anonimo) e ora “Colette” di Wash Westmoreland, che affida a Keira Knightley il ruolo della scrittrice Gabrielle Colette, personaggio dirompente nella scena letteraria della prima metà del '900, candidata al Nobel nel 1948.
Ragazza di campagna, Gabrielle sposando nel 1893 l’aristocratico Henry Gauthier-Villars, ambizioso scrittore e editore, arriva nella Parigi libertina della Belle Époque e dei salòns. Quella vivacità intellettuale le ispira i racconti autobiografici dedicati all’adolescente Claudine e alle sue fantasie: il successo è clamoroso, Claudine è un’icona per le lettrici e simbolo di emancipazione. Ma il marito (Dominic West), rivelatosi prepotente, pensa bene di attribuirsi l’opera prendendosi il merito. Ribelle e anticonformista, Colette saprà opporglisi e riprendere i diritti sui racconti. Denise Gough è la duchessa Missy, flirt della sperimentatrice Gabrielle.
In tempi di surreali discussioni sul presepe arriva con tempismo la commedia satirica “La prima pietra” di Rolando Ravello. Poco prima delle vacanze a scuola c'è fermento per l’imminente recita natalizia. Il cattolico preside (Corrado Guzzanti) ha voluto concentrare nella rappresentazione ogni religione per non scontentare nessuno nel suo istituto multietnico. Il musulmano Samir, giocando nel cortile della scuola, lancia una pietra rompendo una finestra e ferendo lievemente il bidello (Valerio Aprea). Apriti cielo. Il successivo teso confronto vedrà fronteggiarsi preside, maestra (Lucia Mascino), bidello e velenosa moglie (Iaia Forte), mamma del bambino (Kasia Smutniak) e puntigliosa suocera (Serra Yilmaz). Riuscirà il preside a mediare tra le parti e portare finalmente in scena la recita a cui tiene tanto?
In sala il documentario di Nanni Moretti “Santiago, Italia”, chiusura del 36° Torino Film Festival. Immagini d'archivio e testimonianze per un film che racconta i mesi seguenti al golpe del generale Pinochet in Cile, 11 settembre 1973, che pose fine al governo socialista del presidente Salvador Allende. Lezione di storia, “Santiago, Italia” evidenzia il ruolo dell'ambasciata italiana, rifugio per circa 600 oppositori del regime. Il coraggio dei diplomatici italiani salvò tanti, favorendo il loro arrivo in Italia, unico Paese europeo a non riconoscere il governo del dittatore Pinochet.
Altro documentario in sala è “Sulle sue spalle” di Alexandria Bombach, protagonista Nadia Murad, Nobel 2018 per la pace, sopravvissuta alla crudeltà di Daesh. Nadia aveva 20 anni quando, il 3 agosto 2014, l’Isis attaccò Sinjar, nel nord dell’Iraq, e sterminò la sua famiglia e gran parte della popolazione, minoranza curda di fede Yazidi, rapendo lei e tante altre ragazze e bambine per farne schiave sessuali. A novembre Nadia riuscì a fuggire e da allora testimonia l’orrore del genocidio compiuto da Daesh. Secondo l’Onu su 5mila ragazze rapite ancora 3200 sono in mano ai miliziani.
Grandi interpreti per “Il castello di vetro” di Daniel Cretton, dall’autobiografia della giornalista e scrittrice di successo Jeanette Walls. Jeanette (Brie Larson), cresce con sorelle e fratello negli anni '70 con genitori fricchettoni e distratti, la pittrice svaporata Mary Rose (Naomi Watts) e l’alcolizzato sognatore Rex (Woody Harrelson). Senza dimora né soldi, sballottati qua e là, i bambini crescono nonostante gli adulti. Per reazione Jeanette si costruirà una vita stabile e programmata.
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