Laura Francia e Oscar Benavidez, maestro di Tango argentino

IL PERSONAGGIO

Laura e il tango: la “seguidora” diventa regina 

Ballerina e pittrice abruzzese con scuole da Pescara alle Marche. «Tutto cominciò con Piazzolla e il maestro Benavidez»

PESCARA. «Quando rientro a casa, a notte fonda, chiudo la porta e mi ritrovo con i miei gatti, la tela sul cavalletto, i libri. La notte è un tempo diluito, senza rumori, lo spazio ideale per progettare esibizioni, spettacoli, locandine, l’attività del centro studi Tango Ideal». Non è colpa della magia del tango se Laura Francia, insegnante e ballerina di tango argentino, ha scambiato il giorno con la notte.

L'artista accanto al suo olio "Mata Hari"

La vita da bohémien le appartiene da sempre: «farà l’artista» sentenziava sua madre nella casa di famiglia a Isola del Gran Sasso, con le sorelle maggiori di Laura. Mentre lei recuperava il sonno perso di notte a studiare e dipingere, «Mi aggiustavo le lezioni da seguire all’università in base agli orari pomeridiani», racconta. Studi di lettere antiche, arte e archeologia all’Aquila con tesi (mai consegnata) sugli Etruschi. Ma prima l’istituto d’arte a Castelli. E prima ancora, e durante, lo studio della danza classica. E in principio l’educazione musicale, grazie al repertorio di vinili del papà Piero. E la pittura, passione parallela che accompagna Laura dall’adolescenza. Un tipo eclettico. Col pallino di riunire i linguaggi artistici, magari per la festa dei suoi 15 anni di tango, il prossimo anno. Tanto palcoscenico, un progetto di accademia con nomi di calibro del tango argentino al suo fianco – opportunità offerta nelle sedi di Marche e Abruzzo (a Pescara) della sua scuola – e continue richieste di esibizione e conferenze. Come avvenuto sabato nell’evento “stile milanese” di arte & moda per la riqualificazione di Palazzo Cecchetti a Civitanova Marche, città dove la ballerina abruzzese ha scelto di trasferirsi.
Laura, è il suo momento. A marzo sarà protagonista di “Incontri al femminile ”a Civitanova alta, come ha pensato il suo intervento?
«È una conferenza-spettacolo, ballo e prima parlo dell’evoluzione della figura femminile nel tango: non più semplicemente “seguidora” ma con un ruolo più partecipe, attivo com’è lo stile della donna oggi. Espongo anche un mio olio, “Mata Hari”. Coltivo la pittura da bambina, una passione a cui sto tornando con trasporto».
Ricky Barrios, Diego Escobar, Carlos Terraza, Ariel Perez, Daniel Montano: come ha fatto a coinvolgerli, far turnare stabilmente nel suo centro studi fior di maestri argentini?
«Ho quasi timore a vantarmi di collaborazioni così strepitose! Porto avanti un discorso di accademia, la possibilità di perfezionarsi con maestri immensi che normalmente si incontrano nei festival internazionali di tango. Qualità chiama qualità, la loro risposta è stata univoca, l’obiettivo unico è il tango».
Il suo maestro e mentore è Oscar Benavidez, argentino doc, decano dei maestri di tango in Italia. Come si è scoperta ballerina di tango?
«Avevo vinto il concorso per operatore culturale della Regione Abruzzo e collaboravo con alcuni musei abruzzesi, abitavo a Pescara dove Benavidez insegnava. Mi iscrissi alla sua scuola ispirata dal fascino del “Libertango” di Piazzolla, indelebile nei miei ricordi musicali di bambina in compagnia di mio padre. “Se il tango ti prende non ti lascia più” mi avvertì Benavidez. Aveva ragione, ne fui rapita. Fu un insieme di felici coincidenze. Oscar, alla ricerca di una ballerina fissa per le sue esibizioni, mi preparò a dovere. Essendo primo ballerino di Hector Ulises Passarella, bandoneonista esecutore delle musiche di Luis Bacalov, si esibiva nei teatri d’Europa. Con lui è stata una collaborazione intensa e unica. Ho perfino imparato il lunfardo, il gergo dei bassifondi di Buenos Aires ».
Allo studio del tango si avvicinano in molti ma la selezione è naturale: è materia impegnativa e di certo non funziona se si cerca un facile approccio all’altro sesso, vogliamo ribadirlo?
«Sicuramente. Il tango è sacro e non si usa per altri fini, è la verità che Oscar mi ha trasmesso e che io comunico ai miei allievi. L’abbraccio del tango non ha sesso, in quel momento passa un messaggio universale di accoglienza».
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