Vasco Brondi, ideatore del progetto Le luci della centrale elettrica

L'INTERVISTA

Le luci della centrale elettrica, ultimo tour: «Progetto finito» 

Stasera tappa a Pescara, poi il sipario. L’ideatore Brondi: «Chiudo nel momento di massimo seguito un percorso intimo e profondo e popolare allo stesso tempo» 

PESCARA. Cala il sipario sul progetto Le luci della centrale elettrica, ideato dal cantautore Vasco Brondi. Farà tappa questa sera a Pescara il tour nei teatri che celebra i dieci anni di attività del gruppo. Un ultimo tour, prima che le luci si spengano, in cui si mescolano canzoni, letture e racconti. L’appuntamento è alle 21 al teatro Massimo (organizzazione Best Eventi). I biglietti, disponibili su circuiti TicketOne e CiaoTickets, saranno in vendita anche al botteghino del teatro dalle ore 18 (prezzi, comprensivi di prevendita: 36,80 euro per il primo settore, 29,90 euro per il secondo settore, 26,45 euro per il palchetto e 24,15 euro per la galleria). Si chiama “2008-2018: tra la via Emilia e la Via Lattea” il doppio album legato al tour, che racconta il viaggio della band, contenente canzoni che hanno fatto la storia del gruppo e brani rivisitati, ma anche cover e l’inedito “Mistica”. Il Centro ha intervistato Vasco Brondi.

La copertina del nuovo e ultimo album de Le luci della centrale elettrica
Un ultimo viaggio per Le Luci della centrale elettrica. Perché la scelta di chiudere il progetto?
Non so ancora spiegarmi del tutto il motivo, ma è una cosa che percepisco con grande sicurezza e serenità. Sento oggi di poter chiudere un progetto nato all’improvviso e con stupore 10 anni fa e che si è evoluto tantissimo nel tempo, cambiando insieme a me. È arrivato il momento di alleggerirsi, di ripartire in altre direzioni e di farlo senza questo nome, credo sia rispettoso non utilizzarlo solo come sostegno o scudo. Si è chiuso un ciclo, un racconto partito nella periferia di Ferrara e che ha raggiunto la Via Lattea. Lavorando alla raccolta ho rivisto tutto le cose registrate in questi anni, un album dei ricordi per me, e mi è arrivata chiara l’idea e la certezza che questo percorso era finito. Per me Le luci della centrale elettrica non era solo un nome, era un immaginario, una scenografia di quelle canzoni, in cui quelle persone si muovevano. Ed era stato esplorato fino in fondo. È una scelta che mi permette la libertà di poter fare un piccolo salto evolutivo.
Cosa hanno lasciato Le luci della centrale elettrica?
Spero una possibilità. Ho dimostrato che c’è uno spazio per cominciare a far musica senza avere nessuno dietro, fare un percorso intimo e profondo e popolare allo stesso tempo. Chiudo il progetto nel momento di massimo seguito. In qualche modo ho dimostrato che si può fare la propria strada senza farsi troppo distrarre.

La copertina del disco Terra
Come ha preso forma il doppio disco e come sono stati scelti i brani che ne fanno parte?
Sono state scelte d'istinto, le cose che avevo voglia di risentire e che mi rappresentano in questo momento. Il live in studio presente in questo doppio disco nasce dall'ultima parte del tour di “Terra”. Invece di sperimentare in sala prove, con i musicisti ci siamo detti: proviamo a cielo e porte aperte, sentiamo come funziona questo suono davanti alle persone. Con la band con cui ho suonato durante l’estate, grazie a questo cantiere a cielo aperto che è stato il tour, è venuto fuori il disco live “2008/2018”, arrangiato con Rodrigo D’Erasmo. Mi piaceva l’idea di rivedere i 10 anni delle Luci della centrale elettrica e ricomporli in un disco in cui si va da me da solo chitarra e voce fino a una piccola orchestra con archi e percussioni, per poi tornare a versioni pianoforte e voce. Penso che sia rappresentativo di tutte le mie contraddizioni musicali e non. Ci sono dentro anche due versioni mie di “Amandoti” dei CCCP e di “Bene” di De Gregori, i miei maestri.

Francesco De Gregori

Quali sono i progetti per il futuro?
Le canzoni sono una delle poche cose che so fare e hanno un continuo richiamo per me. Oltre al tour, sto portando in giro il libro che ho scritto con Tiziana Lo Porto sui dieci anni de Le luci della centrale elettrica: un libro di avventure in prima persona di questi anni in giro con foto, appunti, locandine e incontri.
I fan come hanno preso la notizia dell’addio?
Mi è arrivato molto affetto. Credo sia importante avere il coraggio di rischiare di deludere chi ti lasciato in un posto e 4 anni dopo ti ritrova in un altro. Soprattutto, è indispensabile per me rendere sempre vivo questo lavoro: lasciare che evolva con te e che ti faccia evolvere.
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