Mannarino: «La mia musica un po' brasiliana e un po' romana»

Il cantautore spiega le radici delle sue canzoni e presenta il suo "Apriti Cielo Tour" che mercoledì porta alla Civitella di Chieti

«La musica del Brasile arriva da lontano, da quando agli esordi suonavo nei locali multietnici vicino alla stazione Termini e nel rione Monti. Locali dove Sudamerica, Africa e Italia si incontravano. Sono cresciuto così». E’ a quei ritmi e a quei colori che Alessandro Mannarino ha attinto per il suo nuovo album di inediti “Apriti cielo”. Un disco in cui la musica brasiliana incontra lo stornello romanesco. Suoni travolgenti provenienti da tutto il mondo si fondono, con ritmi che rimandano a Bahia, all’Africa, a New Orleans e che attingono al rock, al folk, al blues. «Mi interessa l’incontro di mondi distanti, storicamente in contrapposizione», spiega Mannarino, che in questo nuovo lavoro ha «messo in musica i colori dei miei viaggi per il mondo».
Il cantautore romano fa tappa mercoledì all’Anfiteatro La Civitella di Chieti con il suo “Apriti cielo tour”. Il concerto (organizzazione Best Eventi) inizia alle ore 21,30.
Sul palco della Civitella, Mannarino porta i brani che lo hanno consacrato come uno dei più apprezzati cantautori italiani e le canzoni contenute nell’album “Apriti cielo”, che ha debuttato al primo posto della classifica Fimi dei dischi più venduti. Ad accompagnarlo in questo viaggio è una carovana di undici musicisti e polistrumentisti, con oltre trenta strumenti provenienti da tutto il mondo.
Quando ha scoperto la musica brasiliana? «Dall’inizio della mia carriera, da quando ho iniziato a muovere i primi passi nei localini, facevo già il dj e il cantautore. In quel periodo con La Repubblica usciva una raccolta settimanale dedicata alla musica brasiliana. Da lì mi sono innamorato di questa musica. Nel mio primo gruppo musicale c’erano musicisti brasiliani. Ho fatto diversi viaggi in Brasile e ascoltato tantissima musica».
Come si fonde a quella romanesca?
«Le reputo due ingredienti che stanno ormai nella mia cucina e che conosco benissimo, in ugual modo. Conosco benissimo entrambe le tradizioni. In questo disco sono riuscito a fare una canzone come “Arca di Noè” in cui si sente un’eco di stornello e poi sboccia un Carnevale brasiliano».
Ad accompagnarla ci sono musicisti di tutto il mondo...
«C’è molta ricerca. E’ un concerto pieno di energia. “Apriti cielo” è un album che mi rappresenta veramente. Arriva in un momento di maturazione. C’è stata una crescita musicale e anche il modo di scrivere è cambiato».
Nel periodo degli esordi a Roma si è guadagnato il soprannome di dj con la chitarra. Che ricordo ha di quei tempi?
«Erano tempi eroici. Studiavo all’Università, facevo tanti lavoretti. Facevo il dj, provavo a fare il cantautore. E’ stato un periodo indimenticabile. Oggi mi reputo molto fortunato».
Perché “Apriti cielo”?
«Penso al periodo di cupezza. Ai film della distopia, ai romanzi fantascientifici ambientati in situazioni in cui c’è sempre il cielo coperto. Sembra che negli ultimi anni si viva di questo, soprattutto nella mia città. E invece: apriti cielo. Magari succedesse davvero».
Rosa Anna Buonomo