“Ogni ricordo un fiore” L’esordio di Lo Cascio con racconti spezzati

MANTOVA. Apocalittici, sulla scrittura, sul concetto di ispirazione. «Una grandinata di incipit. Storie che cominciavano e si interrompevano». È partito da qui Luigi Lo Cascio in Ogni ricordo un...

MANTOVA. Apocalittici, sulla scrittura, sul concetto di ispirazione. «Una grandinata di incipit. Storie che cominciavano e si interrompevano». È partito da qui Luigi Lo Cascio in Ogni ricordo un fiore (Feltrinelli), il suo primo libro di narrativa, in cui ci fa viaggiare nel tempo e nello spazio in un modo inaspettato, attraverso 230 racconti interrotti. A legarli tra loro è un viaggio in treno, in Intercity, da Palermo a Roma «nato a poco a poco» dice l’attore, ieri al Festivaletteratura di Mantova.
Il protagonista del libro, Paride Bruno, è uno scrittore che si è cimentato in ogni genere e stile e non ha mai portato a termine la sua opera. «È come se fosse uno che sbriga la faccenda per conto mio. Anche lui è nella stessa posizione, si trova a comporre degli incipit, non continua queste storie e alla fine non sa cosa fare di questi testi così eterogenei, lontani uno dall’altro. È come se avesse messo in scena la situazione in cui mi trovavo io», racconta Lo Cascio che cederebbe subito i diritti per fare un film da questo libro.
«Sarebbe bellissimo che a qualcuno venisse in mente di fare questa follia. Magari non tutti, ma 70 incipit. Darei subito i diritti, a chiunque, perché ognuno porterebbe un modo molto personale di farlo. Già il fatto di volerlo fare mi autorizzerebbe a pensare che va fatto, magari con tanti remake. Potrebbe diventare», spiega l’attore David di Donatello con I cento passi e Coppa Volpi con Luce dei miei occhi, «un film monstrum. Sarebbe interessante vedere come un regista rappresenta 230 storie che si interrompono. Potrebbe essere un film non tanto sul viaggio, ma su come far progredire questa narrazione in cui le cose apparentemente staccate una dall’altra fioriscono e sbocciano in maniera traumatica, spaziando da un personaggio all’altro, da un’epoca all’altra. Ci sono incipit apocalittici, da fine del mondo, storie d’amore, momenti di guerra, riflessioni sulla scrittura. È talmente eterogenea la cosa che obbligherebbe un regista a delle acrobazie» sottolinea Lo Cascio.
In treno Paride Bruno incontra la coppia siciliana che litiga per le parole crociate, la ragazza che cerca compagnia. Tanti personaggi che si alternano nello scompartimento mentre lui stringe la cartellina con tutti i suoi incipit. «L’idea del viaggio c’è sempre stata e quello che conosco meglio e ho fatto più volte, da quando avevo 16 anni fino all’arrivo degli aerei low cost, è il Palermo-Roma in treno. Dai 21-22 anni in poi quello è stato il viaggio che mi portava all'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico a Roma. Era più o meno di 12-13 ore». Ogni ricordo un fiore «innanzitutto scrittura, poi è diventato un libro. È un incipit che poi si è sviluppato. Potevo scriverne 15, poi ne ho scritti 100 prima di pensare al libro. È stato innanzitutto il piacere della scrittura», racconta Lo Cascio. «Non so se ci sarà un altro libro, la scrittura sì» dice. Lui ha «cominciato scrivendo poesie. Poi da quando ho iniziato a fare cinema non ho più scritto poesia e da li è venuta la tentazione del racconto. Il cinema mi ha distratto da me», spiega l'attore che a ottobre sarà al Festival di Zurigo con il film Il mangiatore di pietre, tratto dal romanzo di Davide Longo. E poi da gennaio 2019 a teatro con Sergio Rubini in una tournée con la riduzione di Delitto e castigo. E, «sempre con Rubini, prepariamo», dice, «uno spettacolo su Dracula di cui non so ancora il titolo».
In fondo questi incipit sono una metafora del mondo in cui viviamo? «Non è una cosa decisa a tavolino sulla frammentarietà del mondo. Ha agito in me senza pensarci. Racconti intermittenti, impulsivi, disseminati. Il mondo contemporaneo nella sua accelerazione contrasta enormemente con le modalità di elaborazione che ha un romanziere chiamato a una continuità, costanza che è l'opposto di questo modo di vivere esploso, di frammenti, di schegge», conclude Lo Cascio.