Quando Pratola, Roseto e Popoli erano le regine del football abruzzese

di Andrea Rapino Pescaresi surclassati sul campo di Roseto, Popoli che maramaldeggia a Lanciano, Pratola che espugna in scioltezza Chieti: non è fantacalcio ma semplicemente il football abruzzese...

di Andrea Rapino

Pescaresi surclassati sul campo di Roseto, Popoli che maramaldeggia a Lanciano, Pratola che espugna in scioltezza Chieti: non è fantacalcio ma semplicemente il football abruzzese dell’Anteguerra.

Tra gli anni ’20 e ’30 molte delle realtà sportive regionali oggi più note faticano a emergere, mentre nella terra forte e gentile fanno faville formazioni che ai giorni nostri boccheggiano nei campionati dilettantistici minori. Una di queste è Pratola Peligna, che attualmente milita in Promozione, ma che a metà anni ’20 è una vera e propria corazzata. L’Abruzzo all’epoca è una delle regioni meno sviluppate calcisticamente, e tra le ultime a vedere la nascita di un comitato locale della Figc, che solo nel 1925 allestisce un primo campionato.

Il Sagittario Pratola è uno dei club più competitivi, composto quasi esclusivamente da calciatori del posto. È tra l’altro sul campo del Sagittario che esordisce una rappresentativa dei migliori giocatori abruzzesi che, con cinque pratolani nei ranghi, nel marzo del 1925 sfida la Lazio, rinomata squadra della capitale. Il Sagittario inoltre è tra le poche corregionali a ospitare in amichevole formazioni che competono nelle qualificazioni per il titolo nazionale, come l’Audace di Roma (che confluirà nell’attuale Roma) o l’Anconitana. Nel 1925 l’undici peligno lotta fino alla fine per imporsi nel “Campionato abruzzese di qualificazione”, come si chiama il primo torneo federale che in realtà, in una struttura nazionale ancora in via di definizione, non qualifica a nulla.

Ad ogni modo è in palio il prestigioso, seppur laconico, titolo di “Campione d’Abruzzo”, come viene definita la vincente della massima competizione regionale: ai pratolani sfugge d’un soffio, perché sconfitti in finale dalla Massangioli di Chieti. La rivincita non tarda ad arrivare: la squadra muta nome in Calciatori Pratolani, e scende in campo con una casacca nerostellata ispirata al Casale campione d’Italia nel 1914. Nel 1926, tra rinunce e fallimenti, si contende la palma di regina d’Abruzzo di nuovo con i teatini della Massangioli e l’Ursus di Castellammare Adriatico.

I Calciatori vincono a mani basse: battono l’Ursus e vanno a vincere 0-3 alla Civitella di Chieti; nel girone di ritorno si mettono subito in tasca la certezza matematica del titolo vincendo a Castellammare, che sta per unirsi anche calcisticamente con Pescara.

Tuttavia la parabola ascendente dei Calciatori viene spezzata presto, perché il sodalizio è sciolto per motivi politici e fatica a riorganizzarsi. Mentre i nerostellati fanno i conti con la smobilitazione forzata, emerge la Rosburghese, che prende il nome dalla popolosa frazione di Rosburgo del Comune di Montepagano, che sta diventando Roseto degli Abruzzi. Le fortune sportive dei rosetani sono legate al mecenatismo del cavalier Giuseppe De Blasio, che finanzia la squadra a cavallo degli anni ’20 e ’30.

La Rosetana nell’ultima stagione ha giocato in Prima categoria, ma nel 1926-27 milita nella terza serie nazionale, dove le abruzzesi se la vedono con marchigiane, umbre e dalmate. Nel 1927-28 il club muta il nome di Fascio Sportivo Rosetano e sfiora addirittura la promozione nel campionato cadetto: strapazza la Massangioli Chieti 3-0 nello spareggio, e passa al girone finale con Virtus Goliarda Roma, Salernitana e Messinese.

Del resto il patròn rosetano è di manica larga: basti pensare che per la Targa Acerbo dell’estate 1927, corrispettivo calcistico della Coppa Acerbo per automobili, viene ingaggiato il capitano del Torino e della nazionale Adolfo Baloncieri! In questi anni il football italiano conosce la rivoluzione voluta da Leandro Arpinati, gerarca e dirigente sportivo di primo piano, che porterà alla creazione della Serie A: nella riorganizzazione generale, nel 1928-’29 è ancora una terza serie quella nella quale sono i rosetani.

Nello stesso raggruppamento si trovano tra gli altri Massangioli Chieti, Virtus Lanciano e il giovane Abruzzo, la nuova squadra di Pescara appena congiunta a Castellammare, ansiosa di imporsi anche sportivamente. I nerazzurri del Fascio Rosetano esordiscono pareggiando sul campo del quotatissimo Foggia, che schiera due giocatori nel giro della nazionale, il portiere Sarti III e il centrattacco Giustacchini.

Ricevono l’Abruzzo Pescara, ma la partita viene interrotta dalle intemperanze dei tifosi ospiti, che sul 4-1 per i rosetani invadono il campo.

La rivalità tra pescaresi e Fascio Sportivo resta fortissima ancora nel 1930-31, con la città di D’Annunzio incapace di annullare il gap con Roseto: i nerazzurri vincono con un turno d’anticipo il torneo di Terza divisione regionale, ed è l’ultima grande stagione da protagonista per il club che, per la seconda volta, si fregia del laconico titolo di Campione d’Abruzzo.

Negli anni successivi l’espressione passa di moda, ma sugli scudi c’è un’altra formazione oggi alla periferia della gerarchia calcistica: il Popoli, nel 2014-2015 in Seconda categoria. A metà anni ’30 le industrie che si installano nella zona foraggiano e danno il nome alla squadra di calcio.

Nel 1938-39 si chiama Sime Azogeno, solitamente abbreviato in Simaz, che è inserito in uno degli otto gironi del campionato di serie C, dove le uniche corregionali sono Aquila e Pescara: il Simaz le sopravanza entrambe. Nello stesso anno i popolesi battono Lanciano 11-1 in casa e 0-7 in trasferta nella Coppa dell’Italia Centrale, competizione per le riserve dei club maggiori e per chi milita nelle divisioni regionali.

Ma è in Coppa Italia che Popoli coglie un successo memorabile, che rischia di farne una sorta di antesignano del Castel di Sangro degli anni ’90.

Elimina nell’ordine Manfredonia, Terni e Stabia, e affronta quindi il Liguria, “antenato” della Sampdoria. Si gioca a Popoli nel giorno di Natale, con i campionati fermi: in quello di A i genovesi, allenati dal celebre Baloncieri citato poc’anzi, lottano per il primato con Bologna e Torino.

Il primo tempo si chiude con il Liguria avanti 1-2, ma nella ripresa il Simaz pareggia e poi vince 3- 2 ai supplementari, nonostante otto genovesi su undici sono i titolari che hanno da poco affrontato il Bologna.

Il sogno finisce nel turno seguente col Novara, poi sconfitto in finale dall’Ambrosiana-Inter, e l’impresa con il Liguria di Baloncieri passa alla storia come il canto del cigno del calcio popolese che non raggiungerà mai più questi livelli.

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