Robin Banerjee nella redazione del Centro (Foto Giampiero Lattanzio)

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Robin Banerjee: a Pescara nel nome di Amy Winehouse

Il chitarrista inglese con la cantante abruzzese Claudia Costantino in concerto stasera al Circus: "Era una ragazza onesta e umile con uno straordinario talento"

«Claudia Costantino è bravissima. Mi ricorda Amy. Mi ha cercato lei attraverso Facebook, chiedendomi di poter cantare in un concerto con me, e mi ha inviato un clip con la sua voce. Mi è bastato per accettare». Robin Banerjee ha 44 anni, è inglese e suona la chitarra. Lo farà stasera (inizio alle 21) al Circus di Pescara nello spettacolo My Amy, prodotto da Vincenzo Olivieri: un tributo a Amy Winehouse, la cantante britannica scomparsa nel 2011 a soli 28 anni. A interpretare la Winehouse sarà Claudia Costantino, un’interprete abruzzese che assomiglia nel volto e nella voce alla grande cantante di cui Banerjee è stato chitarrista e collaboratore nel suo album più famoso, Back to Black e nelle esibizioni dal vivo.

Vincenzo Olivieri, Banerjee e Claudia Costantino (Foto G. Lattanzio)

Alla vigilia del concerto pescarese, Banerjee ha raccontato, in questa intervista al Centro, la Amy Winehouse che lui ha conosciuto sul palco, in sala di registrazione e nella vita privata, lontana dalle scene.

Cosa proporrete al pubblico di Pescara?

Le canzoni di Amy e la voce di Claudia. Lei non solo ha studiato il repertorio di Amy ma la ama profondamente, e si sente. Che set sarà? Sarà un mix dei due album di Amy, Frank e Back to Black, con in più due standard, Body and Soul, che canterò in duetto con Claudia, e Fly me to the moon. Durante lo spettacolo, ci saranno anche momenti, in cui si parlerà di Amy. A farlo, attraverso dei video, saranno due attori italiani: Nicola Abbonizio e Viviana Balata. Sarà un “circo teatrale”, uno spettacolo unico che durerà un paio di ore.

Robin Banerjee con Amy Winehouse

Che ricordi ha di Amy Winehouse?

Era una persona amabile, divertente e gentile. Pensava sempre agli altri prima che a se stessa. La cosa che la rendeva felice era cantare. Voleva solo esibirsi e cantare. Non le importava niente di tutte le altre cose che le erano arrivate addosso all’improvviso nella sua vita, come la fama.

Come l’ha incontrata?

Nel 2004 a un festival jazz in Galles. Mi sono presentato e le ho detto: “Ciao, Amy”. Quel giorno, lei mi aveva sentito suonare con la mia band. Pregavo dentro di me di poterla incontrare di nuovo. Ed è accaduto, tempo dopo, a Londra. Così abbiamo iniziato a suonare in piccoli club e poi nei festival.

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E’ entrato da subito nella sua band?

No. Aveva già registrato l’album Frank. Io sono arrivato mentre registravano Back to Black. L’album, in realtà, era già completato. Io ho suonato in sei pezzi, fra cui Monkey man e Valerie, che sono fra i bonus tracks nella deluxe edition di quel disco.

C’era differenza fra la Amy Winehouse in studio di registrazione e quella in concerto?

No. Era la stessa persona. Era sempre a suo agio con la musica. Non ho mai suonato con un’artista che fosse così uguale dal vivo come in sala di registrazione. Era velocissima in studio. Spesso registrava solo uno o al massimo due versioni di un pezzo, senza aggiunte. Era consapevole del suo talento ma anche molto umile. Pensava che ci fossero tanti cantanti migliori di lei.

Che musica ascoltava fuori dalle scene?

Un mix di tante cose diverse. Fra le cantanti, soprattutto Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald e Billie Holiday che era la sua ispirazione principale. Ma ascoltava anche il rap. Per esempio, Jay-Z, con cui aveva registrato Rehab, e Nas con il quale aveva fatto Like smoke.

In che modo la sua tempestosa vita privata influenzava la sua musica?

Non ero con lei negli ultimi due anni. Ma sicuramente ha pagato lo scotto di una vita vissuta all’estremo come è palese in alcune esibizioni. In altre occasioni era straordinaria. Anche quando aveva dei problemi riusciva sempre a trovare dentro di sé le risorse per fare un grande concerto.

Le ultime parole che vi siete scambiati?

A un party a casa sua, dopo che avevo lasciato la band. Inziai a suonare Fly me to the moon, e lei si girò e mi disse: “Perché suoni questa merda? Perché non suoni quello che vorresti davvero suonare?”. Come vorrebbe che fosse ricordata? Come una persona onesta e di cuore, con un incredibile talento, che ha lasciato un’eredità straordinaria anche se composta solo da una quarantina di canzoni.

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