Grazia Scuccimarra in scena

L'INTERVISTA

Scuccimarra: «I miei primi  quarant’anni di teatro» 

L’attrice teramana festeggia con lo spettacolo “Così impari”, da stasera a Roma: «Siamo la generazione cresciuta con “Tipitipitì dove sei” e siamo sopravvissute»

Quarant’anni di teatro, su e giù per l’Italia, e oltre trenta spettacoli, da “Successo” del 1979 fino al nuovo “Così impari”, che debutta oggi a Roma. A 74 anni compiuti da poco Grazia Scuccimarra è più vulcanica che mai col suo teatro comico-satirico, un’inarrestabile “ragazza degli anni Sessanta”, per dirla col titolo del suo monologo più famoso e replicato, con migliaia di spettatori dal 1983 a oggi, primato di durata per il teatro italiano e innumerevoli premi. Come per gli altri lavori la mattatrice teramana, da una vita a Roma, è autrice, regista e interprete anche di “Così impari”, che stasera esordisce al Teatro degli Audaci (vedi box). «Sono tre anni che faccio spettacoli lì, che faccio l’audace» racconta al Centro in una chiacchierata telefonica inframezzata da battute dello spettacolo «Un teatro molto carino, 300 posti e tanto parcheggio. È la prima cosa che dico. A Roma ormai si va a teatro a seconda della presenza o meno del parking. Lì c’è tanto spazio, ci pu’ pure durmi’».
Signora Scuccimarra, di che parla “Così impari” e a chi è rivolto questo titolo?
È rivolto prima di tutto a me stessa. Nello spettacolo parlo, più del solito, dei giovani, in tutte le loro accezioni, comprese ignoranza e maleducazione. E poi il web giovane, la politica giovane... Ma ce n’è anche per gli altri, per gli anziani. Da quarant’anni affronto i temi della società che ci circonda, nelle sue variazioni, spesso in peggio, e nei suoi immobilismi. Scuola (dove Scuccimarra ha insegnato per un trentennio diritto ed economia alle superiori, ndr), lavoro, politica, sentimenti, la famiglia, in cui si è passati dalla voce del sangue all’odore del sangue. I temi più importanti del nostro vivere consociato. L’impalcatura dello spettacolo è sempre quella, ma con occhi diversi perché il tempo passa, anche per me, e il mondo cambia. La forma è sempre il monologo, ma con varie presenze che aleggiano.

Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
Riferimenti ai temi brucianti dell’attualità?
Ci sono riferimenti all’immigrazione, certo. Ovviamente nel mio registro satirico. Per esempio, io che al mare mi abbronzo molto quest’estate mi son guardata bene dal farlo. Ho pensato: se mi vede Salvini su un pattino lancia l’allarme “Sbarchi a Tortoreto!” e mi rimpatria da qualche parte. Anche la sera, se vado a casa di qualcuno avverto prima, spiego come sono vestita, se no ci lasci le penne, qua sparano a vista. La questione è complessa (aggiunge tornando seria, ndr), ci sono ragioni dall’una e dall’altra parte. Ma Salvini è ridicolo nel modo in cui affronta il problema immigrazione. Al di là di lui, ci sono reali e opposte questioni da capire, l’accoglienza, i profughi, la tratta degli esseri umani, gli scafisti. Il centro Baobab, che ho sotto casa, è stato svuotato. Dove sono andati?
In un’intervista di due anni fa le chiesi un giudizio sulla sindaca Raggi e lei rispose “Raggi per raggi per 3.14, ma stiamo ancora aspettando il risultato”. Oggi cosa ne pensa?
Non fa neanche 3.14! La Raggi dov’è? Non la vedi, non la senti. Quando gli ultimi pezzi di asfalto tra le buche delle strade cederanno noi romani sprofonderemo finalmente in una domus romana. Anziché un balconcino io avrò un peristilium. Vuoi mettere, passare dal Portonaccio a una domus? Ormai questa città è allo sbando, alla fine.

Virginia Raggi, sindaco di Roma
Tornando allo spettacolo, l’ha annunciato su Facebook scrivendo al suo pubblico: “Dico che vi aspetto con ansia? Ma quale ansia! Vi aspetto con angoscia!”. Dopo quarant’anni è ancora un tale corpo a corpo il palcoscenico?
Invecchiando ci si infragilisce, non c’è più l'incoscienza di quando si è giovani. Poi però, quando sei davanti alla platea piena, scattano vecchi meccanismi e ti accorgi che stai facendo una chiacchierata con vecchi amici. Il pericolo non viene dal pubblico, ma da me stessa, dalle mie possibili incapacità.
A quale spettacolo è più legata? Ma non risponda che sono come figli e li ama tutti.
Ma è vero! È difficile scegliere. Provo particolare affinità per “Le ragazze degli anni ’60”, irraggiungibile pietra milare. Lo propongo ancora, ed è fresco come scritto ieri. Anche perché quel periodo si è cristallizzato. Se pensi che abbiamo ancora Orietta Berti in tv. Siamo la generazione cresciuta con “Tipitipitì dove sei, tipitipitì cosa fai” e siamo sopravvissute bene.
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