sconterà tre anni e nove mesi

Arrestato l’allevatore in lotta contro il Parco

Tatangelo autore di folkloristiche proteste, è accusato anche di detenzione illegale di armi

PESCASSEROLI. È finito in carcere per un cumulo di pena di 3 anni e 9 mesi per reati che vanno dalla ricettazione, al possesso illegale di armi fino alle percosse. Si tratta di un allevatore di Trasacco, Giuseppe Tatangelo, di 51 anni, che nel pomeriggio di ieri, su ordinanza della Corte d’Appello dell’Aquila, è stato arrestato dai carabinieri, agli ordini del luogotenente Armando Croce, e trasferito nel carcere San Nicola ad Avezzano.

L’allevatore, originario di Isola del Liri, era finito alla ribalta delle cronache in varie occasioni per le sue singolari proteste contro il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Tutto è iniziato nel 2004 quando, per protestare contro il Comune di Trasacco per il mancato rinnovo del pascolo, si era arrampicato sul campanile della chiesa di San Cesidio. Nel 2009 si era incatenato addirittura dentro una bara davanti alla sede Asl di via Monte Velino, ad Avezzano, accusando l’Ente Parco del mancato risarcimento dei 70 bovini che gli erano stati sbranati dai lupi e dagli orsi. «Visto che così non posso andare avanti», aveva dichiarato all’epoca, «è come se fossi morto, tanto vale che anticipo i tempi al Parco e alla Asl e mi faccio trovare già dentro la bara».

I fatti per i quali è finito in carcere sono avvenuti nel 2008 a Pescasseroli.

Nel 2010, invece, il 51enne aveva spostato la sua protesta, sempre dentro una bara, davanti allo studio dell’allora assessore regionale all’Agricoltura, Mauro Febbo, dove aveva iniziato anche lo sciopero della fame. Nel dicembre 2014, inoltre, aveva inscenato una protesta sotto casa del direttore del Parco nazionale, Antonio Carrara, accusandolo di voler far scomparire gli allevatori dal Parco. Giuseppe Tatangelo, infine, era anche finito sotto inchiesta nel 2015, insieme ad altre 9 persone, con le accuse di diffusione di malattie, adulterazione di sostanze alimentari, macellazione clandestina e falso e occultamento di atti. L’indagine, condotta dalla procura della Repubblica di Avezzano, si era conclusa con l’archiviazione.

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