Bancario suicida, sigilli a 600mila euro 

Soldi trovati nella cassaforte di un imprenditore di Pescina. Istituto di credito ne rivendica la titolarità. È battaglia legale 

AVEZZANO. Ammonta a quasi 600mila euro la somma di denaro sequestrata dalla Procura di Avezzano a un imprenditore di Pescina. Indagine che fa seguito all’altra legata all’appropriazione indebita compiuta da un bancario di Ortucchio, D.M., protagonista prima di una fuga e poi di un disperato gesto sull’autostrada A/25 nel luglio dello scorso anno. L’uomo aveva fatto perdere le proprie tracce quando l’istituto di credito della Marsica dove lavorava aveva scoperto un ammanco a più zeri. Si era dato fuoco in auto ed era morto nel centro grandi ustionati del Sant’Eugenio di Roma dopo sei giorni di agonia.
Una vicenda che fece scalpore. E che ha avuto strascichi giudiziari. Gli agenti della sezione di polizia giudiziaria della Procura hanno compiuto una perquisizione in casa dell’imprenditore di Pescina. Quest’ultimo chiamato in causa dallo stesso bancario che ha lasciato dichiarazioni autografe e messaggi. Sms inviati prima del suicidio anche al direttore di banca della filiale dove lavorava. La banca ha scoperto finora di avere avuto un ammanco di circa 900mila euro, somme sottratte dall’impiegato dai conti correnti di numerosi clienti. Una cinquantina quelli che finora hanno ottenuto il rimborso. Ma vi è il sospetto che i conti alleggeriti negli anni siano molti di più.
Per il legale dell’istituto di credito, il denaro sequestrato all’imprenditore di Pescina ha un’unica provenienza, quella cioè della banca al centro del raggiro. Denaro trovato dagli agenti in una cassaforte nel seminterrato della casa di una zia dell’imprenditore di Pescina: 26 pezzi da 500 euro, 32 banconote da 200 euro, 1.896 da 100 euro, 7.465 pezzi da 50 euro, per un totale di 582.250 euro. Sono stati sottoposti a sequestro anche titoli e cedole bancarie. Patrimonio che l’imprenditore sostiene di avere accumulato in anni di duro lavoro.
Secondo i legali dell’imprenditore di Pescina, gli avvocati Antonio Milo e Alessandro Ciaccia, il denaro sequestrato «non è in alcun modo riferibile alle somme di cui M. si sarebbe appropriato indebitamente nella banca in quanto, come si può implicitamente desumere anche dal verbale di sequestro, le mazzette rinvenute non erano contrassegnate dalle cosiddette fascette con timbro e o firma dell’agenzia bancaria in questione e, addirittura, alcune recavano fascette con timbri e intestazioni di altre banche».
Gli avvocati Milo e Ciaccia hanno presentato istanza di dissequestro del denaro.
Di tutt’altro avviso il legale dell’istituto di credito che ha ugualmente chiesto il dissequestro dei quasi 600mila euro, ma per la restituzione alla banca che ne rivendica la titolarità.
L’inchiesta è coordinata dal procuratore Andrea Padalino Morichini.
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