Bertolaso diventa ministro

Il premier Berlusconi lo incorona sul campo.

L’AQUILA. Se avesse in tasca una medaglia, e non il sole («Me lo diceva sempre mio padre: regalane un po’ agli altri»), il premier l’appunterebbe al petto del comandante in capo. «Ella, ministro, non ha dormito né di giorno né di notte...». Bertolaso in prima fila si copre la faccia con la mano sinistra e fa un gesto eloquente. Se ci fosse la nuvoletta dei fumetti ci sarebbe scritto: ma guarda questo.

ECCO IL MINISTRO.
Il colpo di teatro, la promozione del capo della Protezione civile da sottosegretario a ministro (non si sa di quale dicastero) arriva quasi alla fine della giornata delle lacrime e degli abbracci. Del ricordo dei 10 mesi scandito da uno spottone televisivo di un quarto d’ora. Del rumore originale, sparato dalle casse, del terremoto del 6 aprile. Con tanto di compiacimento per chi quello spot l’ha realizzato. Della tregua politica e dei messaggi ispirati all’amore universale, rotti solo dal solito anatema contro «i giornali nazionali che sono fabbriche di invidia sociale e di odio». Nel catino dell’auditorium della Finanza pieno di truppe schierate, dai finanzieri ai poliziotti ai carabinieri ai pompieri ai forestali ai volontari alle giacche blu del «Sistema Italia» ai sindaci ai politici, Gianni Chiodi e Massimo Cialente ricevono il «cerino» in mano, che però qui tutti già chiamano «fiaccola», un po’ perché così non ci si scotta e un po’ per il simbolismo che è pur sempre importante. E così, a meno di 48 ore dalla netta presa di distanza del premier nei confronti del capo della Protezione civile, per chiudere l’incidente diplomatico con l’America sui soccorsi «patetici» ad Haiti, con tanto di rischio dimissioni per Bertolaso, ecco la nomina sul campo. Proprio come un imperatore col suo generale tornato vittorioso dalla provincia più remota.

«NON NE SO NULLA». «Io ho sentito come tutti, ma non ne so niente», si schermisce poi Bertolaso che aggiunge anche un’alzata di spalle che appare emblematica. Ha appena sentito dire di sé che «dopo quello che ha fatto qui all’Aquila, il minimo che possiamo fare è di nominarla subito ministro. Ella ha avuto il grande merito di restare qui giorno e notte, sabato e domenica e anche il merito di essere molto capace nell’organizzazione, nella direzione degli uomini, nel farsi voler bene da coloro con cui collabora. Ma ha avuto anche il grande merito di sapersi scegliere i collaboratori. Io che ho lavorato insieme a lei con tanti uomini della Protezione civile, non ho trovato mai una sola persona che non avrei scelto come mio collaboratore. È un grande merito, il suo, avere il talento nella conoscenza degli uomini. Un merito che si aggiunge a tutti gli altri».

L’ITALIA DELL’AMORE. E che sia proprio il giorno delle lacrime e della bontà lo dicono anche quei ringraziamenti trasversali agli schieramenti, alle spillette che ciascuno, per un paio d’ore, fa sparire dalle giacche. E così, accade persino che due esponenti Pd, di cui una anche in campagna elettorale per le Provinciali, ringrazino a piene mani il premier. «Il suo volto, presidente, era quello nostro. Pieno di terrore, quel giorno...», dice la Pezzopane in lacrime. Consolata da Bertolaso: «Cara Stefania». E Berlusconi, di rimando: «Abbiamo lavorato per lenire le sofferenze, con umiltà e assoluta unità di intenti, anche se su sponde opposte», rivolto ai due avversari politici. «L’Italia dev’essere fiera di aver visto realizzarsi un piccolo miracolo assieme al popolo d’Abruzzo e ai 18mila volontari giunti da ogni parte del Paese».

E Cialente, a seguire: «Siamo orgogliosi di com’è stata affrontata quest’emergenza. L’impegno delle istituzioni è stato forte e un ringraziamento dev’essere fatto al governo, alla Protezione civile e a tutti quelli che hanno operato. Un grazie particolare alla cittadinanza dell’Aquila e dei paesi colpiti che hanno affrontato questo dramma con grande dignità. Lei», dice il sindaco-commissario al premier, «può essere orgoglioso di guidare questo paese». E Berlusconi: «Gli italiani? Brave persone che si vogliono bene. Quando riusciamo a volerci bene facciamo cose straordinarie».

I CONTI DEL «MINISTRO». Se andrà a finire come con Ferruccio Fazio, incoronato proprio all’Aquila ministro della Salute, il capoluogo abruzzese si confermerà terra che porta bene ai ministri in pectore. E l’Abruzzo avrà, nell’esecutivo Berlusconi, un «amico perenne», come già lo chiama la Pezzopane. Intanto Bertolaso parla coi numeri. «All’Aquila abbiamo dimostrato che l’Italia può farcela da sola. Ci hanno proposto aiuti dall’estero ma abbiamo declinato, convinti che avremmo avuto il miglior coordinamento possibile. Non solo per incendi, allagamenti e qualche funerale importante. Anche ad Haiti, con gli stessi uomini imbarcati sulla Cavour, dimostreremo che il sistema Italia può dare un contributo. Due ore dopo eravamo già qui. Abbiamo fatto tanto. Entro marzo tutti i 25mila cittadini rientreranno nelle case, sia quelle antisismiche sia le villette di legno e avranno un luogo sicuro, così com’è stato per le scuole.

Dopo la tragedia di San Giuliano di Puglia abbiamo il dovere di costruire un grande paese, più sicuro, maturo e determinato a difendere la vita dei propri figli. Noi stiamo incominciando a cambiare cultura. All’Aquila c’è stato l’ultimo atto e l’ennesima lezione. Dobbiamo augurarci che non accada più. Sono oltre 40mila le persone che assistiamo e alle quali abbiamo dato strumenti per coltivare la speranza di tornare alla normalità. Già in 12mila vivono negli alloggi antisismici. Entro fine febbraio saranno 17mila. Sono 286 le procedure di gara d’appalto portate avanti mentre 366 sono i contratti siglati con 214 imprese. Abbiamo avuto 10 contenziosi, ma nessun rilievo dalla Corte dei conti. Solo un’impresa decaduta per interdizioni dovute all’antimafia, ci sono state due revoche».

«MA DOMANI, DOMANI». Canta Berlusconi. Canta «Domani», l’inno del terremoto, circondato da Claudio Baglioni e da tanti bimbi intimoriti perché emozionati. Primo impegno: una riunione a Roma per studiare interventi di rilancio per l’economia aquilana.