Cgil: «Piano per le scuole scatola vuota» 

Sindacato all’attacco: «Iscrizioni chiuse, istituti a rischio sia per mancanza di alunni sia di una reale programmazione»

L’AQUILA. «Le prime scuole nuove all’Aquila non sorgeranno prima di cinque anni. Per quella data si rischia di avere contenitori vuoti». La denuncia arriva dalla Cgil, attraverso il segretario generale provinciale Francesco Marrelli e Miriam Del Biondo (Flc-Cgil). «Ora che le iscrizioni sono chiuse possiamo affermare senza ombra di dubbio che il nostro allarme era giustificato. Le nostre scuole rischiano la chiusura sia per mancanza di numeri e sia per mancanza di una programmazione concertata a lungo termine sulle aree interne. Sappiamo bene che processi di riqualificazione e di reinsediamento territoriali sono lunghi, ma non vediamo da anni una reale e concreta volontà di intervenire per frenare la caduta libera dei numeri relativi alla popolazione scolastica delle nostre scuole. E non solo di quelle delle aree interne, spesso lasciate a decisioni di amministratori locali abbandonati e privati di mezzi. Nella città dell’Aquila a 10 anni dal sisma, si inizia a parlare di un piano della ricostruzione scolastica, deliberato a novembre 2018, che visti i tempi tecnici non porterà a nuovi edifici scolastici prima di cinque anni e che descrive una scuola che non c’è, in una città che non c’è ancora. Si rischia di edificare contenitori vuoti perché nel frattempo si saranno persi i numeri, soprattutto nelle frazioni. Mentre nel resto della provincia si continua a soffrire della strettoia di parametri che non sono adeguati alle reali situazioni delle nostre istituzioni scolastiche, situate in zone sempre più depresse».
ORGANICI. «Anche il prossimo anno scolastico», proseguono gli esponenti sindacali, «vedrà una diminuzione dell’organico di diritto e situazioni limite che saranno sanate, forse, in organico di fatto confermando un’incertezza che non è solo dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola ma dell’intero territorio. La Flc-Cgil sa bene che non esistono formule magiche, ma sa anche che ai numeri si può derogare e chiede un impegno politico per la riduzione dei numeri per la formazione delle classi che tenga conto delle esigenze di tutti quei territori dove la presenza delle scuole resta possibilità e alimento sociale e culturale. I numeri vanno variamente articolati se non rispondono alle esigenze del territorio. Anche in termini di modelli scolastici, per permettere alle famiglie di scegliere in base al loro stile di vita. I modelli scolastici devono adeguarsi alle esigenze del territorio e non viceversa se vogliamo davvero che ci sia interazione. Leggiamo con interesse le dichiarazioni di chi nelle istituzioni e nelle forze politiche individua nel problema centrale del nostro territorio quello di mantenere presìdi stabili e la necessità di garantire servizi collettivi e soggettivi, trasporti, sanità, scuola, banda larga. Va nella direzione che indichiamo da tempo. Aggiungiamo che alla rifondazione delle comunità sociali nelle aree montane del nostro territorio provinciale (verrebbe da chiedersi quale non lo sia), oltre a un concorso non più rinviabile di attori e di visioni, e quindi programmazioni ad ampio raggio, potrebbe forse giovare una definizione chiara di quali sono i comuni montani e quali non lo sono. Per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche questo è un punto fondamentale. Un’istituzione scolastica collocata in un comune definito di montagna mantiene la propria autonomia con numeri significativamente inferiori a quelle collocate in comuni non di montagna. Ma, al solito, tabelle con dati diversi in possesso di questo o quell’ente preposto al dimensionamento scolastico rendono ancora più incerta e affidata al caso la sorte delle nostre scuole e della popolazione che le fa vivere».
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