D'Ercole: parlai con Traversi per redimerlo

Il vescovo anticipa la memoria difensiva: l'ho incontrato da prete, nessun segreto rivelato

L'AQUILA. Dirà al pm di aver parlato con Traversi per redimerlo («Gli avrei dato una sberla se avessi saputo tutto questo»). Dirà, attraverso una memoria difensiva, di essere il direttore spirituale del sedicente massone di casa in Curia. Così D'Ercole tenterà di evitare il processo.

LA DIFESA. La nuova linea difensiva del vescovo ausiliare dell'Aquila, per il quale la Procura potrebbe chiedere il processo per il reato di rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale, è stata anticipata dallo stesso D'Ercole nel corso della trasmissione televisiva di La7 di cui è stato ospite mercoledì sera. E così, il vescovo è pronto a sostenere che i suoi contatti con Traversi erano per riportarlo sulla «retta via». «Dobbiamo essere retti», disse lo stesso D'Ercole al factotum della Fondazione Abruzzo solidarietà e sviluppo. Colui che pronunciò la famosa frase «noi incassiamo e sparimo», con in tasca i soldi dei fondi destinati al sociale, cioè quei 12 milioni messi a disposizione dall'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi. A lui, e al medico aquilano Gianfranco Cavaliere, entrambi finiti agli arresti domiciliari per alcuni mesi, il vescovo ausiliare rivolge paterne cure pastorali. «Io», dice di loro il presule originario di Rendinara di Morino, «finché non sono chiariti i fatti, mantengo le distanze perché è bene stare così. Però non li giudico. Non mi sento di giudicarli e neppure di condannarli. Io sono abituato a non giudicare nessuno prima che finiscano le indagini». Ma per quello ci sono i magistrati. Anche se, per citare testualmente sempre D'Ercole, potrebbe terminare tutto in una «bolla di sapone».

PUNTI DI RIFERIMENTO. «Io», prosegue D'Ercole, «ero un punto di riferimento per loro e continuo a esserlo. E voglio esserlo per tutti, perché la mia faccia è questa. Non c'ho da temere nulla. Se dietro di me, poi, ci sono due collaboratori che tra di loro fanno i disonesti io, nel momento in cui lo scoprissi, intervengo. Ma io non c'entro in questo. Quando ho sentito queste frasi? Io le ho apprese dal giornale dopo che sono stati arrestati. Se le avessi apprese prima probabilmente sarei intervenuto prima. Ora Traversi e Cavaliere non so dove siano. Io non li vedo da settembre, praticamente».

GRATIFICATELO. «Provvedete a gratificarlo diversamente, a valorizzarlo altrove». Questa la chiosa della lettera apocrifa (firmata consiglio presbiterale ma ritenuta falsa) fatta arrivare in Vaticano per chiedere la rimozione di D'Ercole. Che ora vuole vederci chiaro. «È la prima volta che la vedo. Datemela, così acquisisco un atto importante. Sicuramente è falsa. Se voi me la date io la acquisisco e faccio fare indagini». Il che conferma la secolare spaccatura della Curia aquilana, su questo come su altri temi. «Mi fa piacere averla, sarà uno strumento che prova esattamente il contrario di quello che scrivono. Prova cioè, indubbiamente, quello che succede a un uomo come me, che arriva all'Aquila e vuole mettere ordine, non ha le mani che si sporcano, che risponde a un certo punto, quando Giovanardi gli dice "don Giovanni, questi soldi tornano indietro se tu non ti dai da fare": la diocesi questi soldi non li vuole e non li toccherà mai, ma che cosa posso fare? "Metti insieme i Comuni". Io ho cercato in tutti i modi di farlo attraverso la Fondazione. Il mio contatto con Giovanardi si è limitato a quell'incontro e a quella telefonata che lui ha fatto a me».

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