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Di Benedetto: «Ha vinto la città, ma ora tutti al lavoro sulle liste»

I primi impegni del candidato sindaco: «Qui è accaduto qualcosa di straordinariamente bello e importante. Adesso però la campagna elettorale vera passa per i candidati forti e credibili»

L’AQUILA. Una città sicura, accessibile e priva di barriere architettoniche, smart e con un’alta qualità della vita. E soprattutto, una città serena. Adulti e bambini, disabili ed emarginati, studenti e disoccupati: tutti, per Americo Di Benedetto, il vincitore delle primarie del centrosinistra, dovranno avere «voce in capitolo» nell’Aquila del futuro. All’indomani della competizione per la scelta del candidato sindaco, ancora frastornato per la nottata trascorsa a festeggiare e a rilasciare interviste nella hall dell’hotel Castello, diventato il quartier generale del centrosinistra, Di Benedetto ha chiaro in mente che il lavoro da fare non è finito, perché le elezioni devono ancora essere vinte. Con gli oltre 10.500 votanti alle primarie quella del 9 e 10 aprile è stata «una vittoria della città», spiega Di Benedetto, commercialista, presidente della Gran Sasso Acqua ed ex sindaco di Acciano, dove tutti lo conoscono benissimo e gli anziani lo hanno visto crescere.

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Di Benedetto, chi è il vincitore di queste primarie?

«Ha vinto la città. Con una partecipazione così grande e con questo enorme entusiasmo si sono raggiunti dei numeri veramente importanti che certificano un percorso che va avanti ormai da tempo. Non credo si siano mai verificate primarie così partecipate in Italia. È stato come se a Roma avesse votato un milione di elettori».

Come capitalizzare questo risultato?

«Bisogna continuare con la linea dell’ascolto, della dedizione e del rispetto delle persone che lo hanno permesso. Si deve continuare lungo un percorso di programma condiviso con il mondo cittadino».

Si aspettava un abbraccio collettivo così affettuoso lunedì sera?

«Io credo che questa volta è davvero successo qualcosa di straordinariamente bello. C’è stata una scelta importante da parte dei cittadini; non c’è stato un allineamento alla prospettiva politica del soggetto che dà il consenso, ma una volontà di spendersi per scegliere il profilo del candidato sindaco che possa accontentare tutti. Una presenza libera, disinteressata, rivolta a cercare le condizioni per un governo cittadino adeguato ad affrontare le criticità, ma anche a immettere entusiasmo».

Rispetto ad alcune figure in giunta, chi escluderebbe e cosa salverebbe?

«Tutti dobbiamo essere salvati e metterci a disposizione per lavorare insieme. La competizione verrà in funzione della costruzione delle liste, che devono essere forti, credibili, in grado di entrare nel cuore della città, perché la campagna elettorale vera passa per i candidati. Una giunta è la sintesi delle istanze della città».

Ritiene di dover lasciare la carica di presidente della Gsa?

«Con i sottoservizi stiamo uscendo definitivamente dalla parte più critica del centro storico, abbiamo fatto un ottimo lavoro. Nonostante siano sorte delle inevitabili difficoltà, la mia figura ha trovato un riscontro positivo in questa campagna elettorale e questo mi dà la forza per andare avanti. Perché anche se crei dei disagi, ma lavori bene e ti relazioni e rispetti e ascolti le persone, cercando insieme a loro le soluzioni ai problemi, restano al tuo fianco. Quanto al mio ruolo alla Gsa, non ci sono criticità o incompatibilità. Dobbiamo, però, ponderare la strada da prendere per tutelare sia l’azienda, sia la prospettiva futura che mi vede coinvolto in questa competizione».

Che cosa vi siete detti lunedì con il sindaco Cialente? «Massimo ha fatto una battuta, mi ha detto che avrebbe cominciato a pulire la sua stanza. Io gli ho risposto che non è così, perché c’è ancora tanto da lavorare. Quindi, direi di aspettare un po».

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