l’intervento 

Di Orio: «Due o tre cose che so sul terremoto dell’Aquila»

Recentemente il presidente del Consiglio regionale d’Abruzzo Sospiri, durante un’assemblea del Consiglio regionale, ha ricordato i tragici avvenimenti del terremoto che ha colpito la Città dell’Aquila...

Recentemente il presidente del Consiglio regionale d’Abruzzo Sospiri, durante un’assemblea del Consiglio regionale, ha ricordato i tragici avvenimenti del terremoto che ha colpito la Città dell’Aquila il 6 aprile del 2009. Mosso dai più nobili intenti, il presidente del Consiglio regionale ha ricordato e premiato, con una piccola cerimonia, uomini politici appartenenti a quelli che allora erano i due schieramenti che si confrontavano sulle soluzioni da adottare per salvare L’Aquila. In effetti le personalità a cui è stato riconosciuto il merito di essersi impegnate nella ricostruzione della Città sono tutte assolutamente meritevoli di tale riconoscimento, anche se il mio giudizio non può che essere molto parziale essendo da molto tempo fuori dall’agone politico e ormai fisiologicamente estraneo alla logica politica, ammesso che ce ne sia una, pur nonostante mi sembra doveroso ricordare episodi, personaggi e movimenti collettivi che non possono essere sottaciuti. Scusandomi per il disordine espositivo e per il prevalente riferimento alla realtà nella quale spesi la mia esistenza in quei tremendi giorni, l’Università, la prima cosa che mi viene in mente è l’eccesso di “carità pelosa” che si scatenò subito dopo il tremendo sisma. Infatti, nel portare il dovuto soccorso a una Istituzione universitaria che il 6 aprile aveva perso il 100% delle strutture disponibili, furono decine le caritatevoli proposte di trasferire l’università altrove, dal Villaggio Azzurro di Chieti (proposta dall’allora Ministra on. Gelmini e dal senatore Di Stefano di Chieti) a strutture varie pescaresi che vennero proposte in una drammatica assemblea di studenti e genitori, indubbiamente ispirata dalle autorità cittadine e provinciali del tempo, in cui fu definito addirittura “assassino” dai genitori degli studenti iscritti all’università dell’Aquila il rettore del tempo, cioè chi scrive, perché si opponeva al trasferimento dell’Università a Pescara e quindi esponeva i propri figlioli a morte sicura a causa delle immancabili successive scosse sismiche. Ho citato l’on. Ministra Gelmini per la singolare proposta, fatta del tutto in buona fede per la scarsa conoscenza del nostro territorio e per le sue dinamiche interne, del trasferimento del “pezzo” più prezioso dell’Aquila a Chieti, ma devo anche riconoscere all’allora Ministra Gelmini, di aver realizzato, dopo un duro ma corretto confronto, con l’indispensabile contributo del sottosegretario alla presidenza del consiglio dell’epoca dottor Gianni Letta, un protocollo d’intesa, rinnovato al termine del primo periodo di attuazione, che sicuramente ha salvato la nostra Università. Detto della “carità pelosa”, la più grave a mio giudizio nel fraintendimento del concetto di solidarietà, a questo punto vorrei fare solo un po’ di domande sperando che torni alla memoria ciò che è stato rimosso: 1) Qualcuno ricorda che circa tre settimane dopo il terremoto il presidente del Consiglio del tempo, sicuramente spinto da un atteggiamento protettivo nei confronti degli studenti, disse in un incontro cui partecipavano le scolaresche dell’Aquilano “se mio figlio mi chiedesse di venire a studiare all’Aquila lo chiuderei in bagno e butterei la chiave”?; 2) Qualcuno ricorda che le massime autorità della Protezione civile dissero che la storia dell’Università dell’Aquila era finita per il momento e che bisognava aspettare almeno 5 anni prima di ripartire? Qualcuno ricorda che, grazie unicamente al lavoro di docenti e personale tecnico amministrativo, l’università iniziò l’anno accademico il 19 ottobre 2009? 3) Qualcuno ricorda che all’Università non fu assegnata dalle Autorità pubbliche alcuna sede pur avendo l’Università migliaia di studenti? Qualcuno ricorda che l’Università, dopo aver lavorato e svolto il proprio servizio a vantaggio degli studenti nelle tende, invase dal fango, recuperate da essa stessa, occupò quasi manu militari la sede della Reiss Romoli vista l’assoluta incapacità delle autorità pubbliche di trovare una sede idonea? Uscendo dalla “questione universitaria”, qualcuno ricorda l’impegno dei semplici cittadini, con carriole o senza, che buttarono il cuore oltre l’ostacolo per ricostruire la propria Città? Mi scuso con chi non ho citato ma, credetemi, gli aquilani li conoscono benissimo.
*ex rettore
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