Educare con fiabe e letture La lezione di Cristofaro

Il professore presenta il suo ultimo libro rivolto a studenti, insegnanti e genitori «Affronto anche tematiche attuali come bullismo, paure ed educazione al cibo»

AVEZZANO. “Perché narrare le fiabe?”. Questo l’interrogativo con cui titola il proprio libro il professor Giuseppe Cristofaro, docente di pedagogia dell’Università dell’Aquila. Cristofaro ha tenuto prima un incontro con alcuni studenti del Classico e poi ha presentato, al castello Orsini di Avezzano, il proprio saggio.

Qual è il messaggio di fondo del suo libro?

«Questo testo, oltre ad essere pensato per gli studenti, è pensato anche per genitori e insegnanti, cioè per tutti coloro che si occupano di educazione. Vengono affrontati molti problemi, come quelli riguardanti le paure, il bullismo, l’educazione al cibo e all’ambiente e le relazioni interculturali. Attraverso le fiabe si può mettere in atto un progetto di educazione e formazione, il linguaggio usato è molto semplice ed offre spunti di riflessione per tutte le età».

Nel capitolo V del suo libro lei cita il famoso e simpatico Lupo Alberto: è d’accordo nell’affermare che personaggi come questi insegnino ai bambini l’ironia?

«Credo di sì, l’antropologo Propp infatti parla di funzioni della fiaba e i due personaggi principali presenti sono sempre l’eroe e l’antagonista, spesso il cattivo è proprio il lupo, che in questo fumetto è invece il personaggio buono. Nelle fiabe non troviamo mai delle sfumature, è sempre tutto bianco o nero, buono o cattivo, giusto o sbagliato, questo perché ai bambini è più facile dare due indicazioni immediatamente contrapposte».

Nel libro afferma che “la narrazione è il paradigma originario del pensare”. È quindi con la favola che si impara a ragionare?

«È chiaro che questo non accade solo con la favola, ma sicuramente la lettura aiuta molto. Può essere utile anche ai più grandi, perché stimola l’attività cognitiva ed emozionale del nostro organismo, ci dà calore».

Nel suo libro si fa riferimento a Gianni Rodari, che rivisita il classico personaggio della cicala. Esempi simili possono insegnare ai più piccoli a vedere le cose da più prospettive?

«Questa favola tradizionalmente raffigura la cicala come una perdigiorno e la formica come una lavoratrice. Rodari invece la rivisita presentandoci un’altra prospettiva. La cicala, infatti, d’estate regala il bel canto, mentre la formica è laboriosa, ma lo è solo per se stessa. Inoltre nella favola originale la formica si rifiuta di condividere il cibo raccolto con la cicala, mentre in Rodari lo dona generosamente. Le due versioni andrebbero lette entrambe al bambino, per analizzarle e comprenderle insieme».

Quanto crede sia importate che le figure di riferimento, per esempio i genitori, leggano personalmente le fiabe ai bambini?

«Tantissimo, è un elemento fondamentale nel rapporto col bambino, che spesso vuole ascoltare più volte la stessa storia, per rivivere le stesse sensazioni. È sbagliato pensare che figure come il “lupo cattivo” lo spaventino, perché in realtà anche la sensazione di rischio lo appassiona. La letteratura per l’infanzia, ultimamente è legata anche a tematiche attuali, si parla infatti di famiglie con genitori dello stesso sesso, di omosessualità e di gender, quindi tematiche che combattono i pregiudizi».

Vincenzo Salutari

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