Fiaccole e impegno: il corteo è dei giovani

Studenti aquilani sfilano insieme a un gruppo di Rovigo in gita scolastica Petrocchi: «Aquilani eroici, vorrei un monumento con i volti delle vittime»

L’AQUILA. La notte è giovane. Sì, pure questa, che sembra nera più del nero. Specie per quel mistero insondabile per cui alcuni volti li vedi piatti, su cartelloni mezzi sbiaditi, e altri, invece, ben torniti, illuminati dalle fiaccole. Facce pulite, belle facce. Le une come le altre. Chi c’è. E chi ci sarebbe stato, se... Li vedi specchiarsi, gli uni negli altri, davanti alla Casa dello studente. Portano in mano le fiaccole, che si consumano nelle loro mani insieme alla speranza di una risposta a tutto questo.

BERSAGLIERI. Nella pancia del corteo della mestizia e dell’impegno – con migliaia di persone in silenzio nella via del dolore di ogni anno all’Aquila, epicentro delle disgrazie senza colpevoli di tutta Italia – subito dopo i gonfaloni, di facce giovani ne vedi parecchie. Verso la fine del serpentone, però, senti un dialetto che non è il tuo. Alzi lo sguardo e vedi un lenzuolo bianco, con una scritta nera, portato dai ragazzi dell’istituto da Vinci-Colecchi. Sono tantissimi. Continui a chiederti, però, chi sono questi che, sussurrando, non parlano come te. Florin, uno di loro, regge un altro striscione che svela l’arcano: “Istituto tecnico statale Geometri Amos Bernini, Rovigo”. Dal Polesine all’Aquila, ma stavolta non per il rugby. Anzi, i Bersaglieri, giusto un paio di settimane fa, hanno inflitto una bella mazzata (ben oltre la mitica mucca Carolina) all’Aquila rugby. Sono qui per «prendere coscienza». Chi li manda? Chi li guida? Florin indica «il prof». Si chiama Angelo Milan, pure lui regge lo striscione. «L’idea del viaggio è nata dal desiderio di vedere com’era L’Aquila dopo sette anni, non pensavamo a una situazione di questo tipo perché non se ne parla e quindi può sembrare che tutti i problemi siano risolti, cosa che invece non è. I ragazzi hanno accettato quest’esperienza: non è la classica gita scolastica, è un modo di conoscere anche gli altri aspetti della vita: questo è uno dei più toccanti». Onna, new town, centro storico, fiaccolata. «Si ha l’impressione che tanto è stato fatto e tanto altro è da fare. Da cittadino posso dire che la preoccupazione è quando la città tornerà a vivere com’era prima, perché oggi è tutto un grande cantiere. Spero», conclude, «che i ragazzi di quest’età inizino anche a prendere coscienza di queste realtà».

BILANCI. In corteo il sindaco Massimo Cialente tira per la giacca il sottosegretario Claudio De Vincenti (che ricorda i racconti di terremoto della madre, aquilana, e annuncia «tre grandi investimenti tra L’Aquila e Scoppito») per chiedergli 18 milioni e mezzo senza i quali l’assessore Giovanni Cocciante, che sfila al loro fianco, non può chiudere il bilancio. Gianni Letta, sottosegretario ex, media. Poi, sempre il sindaco, quando via XX Settembre si restringe per il cantiere dei sottoservizi, prende sottobraccio l’assessore alla Sanità Silvio Paolucci per proporgli uno scambio alla pari per “acquistare” la collina di Collemaggio dalla Regione. Da Pescara anche il presidente della Regione Luciano D’Alfonso e il suo sindaco Marco Alessandrini. Sfila il prefetto Francesco Paolo Tronca, che sette anni fa era all’Aquila, oggi commissario di Roma capitale, ma non chiedetegli di Bertolaso. «Gli aquilani hanno una forte voglia di riprendere normalità e quotidianità e chiudere un passato di negatività che è ora di dimenticare. Durante l’emergenza qui fu fatto più del possibile»

GRANDI FIRME. Gira pure in mezzo ai vip il librone delle firme (tremila e passa) per rinnovare a Guido Bertolaso l’invito a rinunciare alla prescrizione «subito, e non il 7 ottobre» come pure l’ex braccio destro di Berlusconi ha annunciato di voler fare. Plico partito. Mittenti: Vincenzo Vittorini, Maurizio Cora,Antonietta Centofanti, Renza Bucci e tantissimi altri.

«309 VOLTI SUL MONUMENTO» Nella basilica di San Giuseppe Artigiano l’arcivescovo Giuseppe Petrocchi celebra la messa. «Quella notte, penso, anche Dio ha pianto», scandisce nell’omelia, «perché Dio si commuove davanti all’amore crocifisso. Quella fu la notte del terrore, ma anche degli eroismi. So di mamme che hanno coperto, con il loro corpo, i bambini che avevano a fianco; di familiari sorpresi dalla scossa nel posto sbagliato proprio perché si erano offerti di assistere persone anziane e non lasciarle sole; di tanti che hanno ceduto posti “più sicuri” della casa a parenti o amici: solo Dio conosce gli abissi di questo oceano di generosità». Poi, la richiesta: «Se un giorno ci sarà un monumento, propongo che venga collegata, al nome di questi caduti, anche la loro foto. Al mio arrivo, tre anni fa, ho voluto vedere i loro volti sui giornali. Un bisogno dell’anima associare a ogni nome un volto». La preghiera continua nei canti della veglia. A mezzanotte e alle 3,32 doppi rintocchi per ciascuno dei 309. Doppio dolore.

©RIPRODUZIONE RISERVATA