I direttori “disegnano” il futuro dell’informazione

Masi, Tedeschini, Bonacina e Roidi fanno il punto sul “Citizen Journalism” «La qualità è l’unico salvagente che abbiamo. Giornalismo solo di professionisti»

L’AQUILA. «Il giornalismo non può essere fatto da non professionisti. C’è un elemento che non si può inventare, ed è la qualità dell’informazione, che va coltivata». Il direttore del Tg2, Marcello Masi, ha aperto così l’incontro su “Citizen Journalism”, organizzato in collaborazione con il quotidiano il Centro, all’auditorium del parco, nell’ambito del Festival della partecipazione. Un confronto a tutto campo sulle nuove frontiere dell’informazione: un mondo in continua evoluzione, che vive una nuova, travolgente, fase di trasformazione. E proprio sul ruolo dei nuovi “device” comunicativi, che fanno di ogni cittadino un potenziale testimone e interprete nell’universo del web, si è focalizzato il dibattito, moderato dal direttore del Centro, Mauro Tedeschini. Presenti Riccardo Bonacina, direttore di Vita e Giampaolo Roidi, direttore di Metro. Veridicità e attendibilità delle notizie che corrono sulla rete, qualità dell’informazione, futuro della carta stampata e della Rai, le domande poste da Tedeschini, che hanno dato vita a un interessante confronto sull’informazione di ieri e di oggi. Ma c’è ancora spazio per i professionisti? «Correre non serve più a niente, lo dico sempre ai miei cronisti», ha sottolineato Masi, «la qualità è l’unico salvagente che abbiamo come categoria. Per cercare la notizia, il giornalista deve prima capire». Masi ha poi fatto riferimento a una start up partita a Roma, che assegna a un gruppo di una trentina di ingegneri, fisici e tecnici – ma nessun giornalista – la possibilità di “catturare” le notizie dal web, catalogandole e assegnando un ordine gerarchico. «Questo mi spaventa», ha detto il direttore del Tg2, «è l’inizio di una non neutralità che rischia di creare scenari irreali e fantascientifici». Sulla credibilità della categoria è intervenuto Roidi: «Ognuno di noi, se pensiamo a Facebook, è un potenziale giornalista. Crea ogni giorno una scaletta sul proprio profilo, posta foto, aggiunge notizie. Lo stesso meccanismo muove i continui flussi delle notizie sui siti on line. Il vecchio modello di informazione è crollato. Tutti noi crediamo di poter confezionare contenuti che vengono catturati e “shakerati” dai motori di ricerca, poi riposizionati. Quelle diventano le notizie del giorno, pur non essendolo», ha detto Roidi. «I grandi editori, negli ultimi tempi, si sono trovati a dover affrontare il match tra la scelta di contenuti di qualità e la corsa alla notizia facile. E questo ha provocato una sorta di avvitamento verso il basso». E di informazione «come garanzia di libertà per i cittadini» ha parlato Bonacini: «Se non stai sul pezzo non vai da nessuna parte», ha sottolineato, «la politica dovrebbe fare un investimento sulla scuola, a partire dalle medie. I ragazzi di oggi sono i lettori di domani che devono imparare da subito la differenza tra una notizia, basata sulla veridicità dei fatti, e il resto. Bisogna dire ai giovani che l’informazione è una cosa seria, un bene comune che va pagato e valorizzato». «Il Festival della partecipazione», ha concluso Masi, «può rappresentare un modello alternativo per coinvolgere i cittadini nelle scelte della società. Vale per la cultura, per la politica, per l’informazione. L’attuale modello è ormai scaduto, non funziona più. Ne va costruito uno nuovo, che identifichi l’informazione con inclusione, partecipazione, meritocrazia, collaborazione». Il servizio sul convegno andrà in onda stasera, alle 20.30, su Rai Due.

Monica Pelliccione

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