Il 70 per cento degli aquilani è depresso

Presentati i risultati di uno studio dello psichiatra Casacchia

 L'AQUILA. Il 70 per cento degli aquilani è depresso. Una depressione silente che provoca una costante sensazione di tristezza, apatia, scoraggiamento e insoddisfazione. All'origine di questo malessere c'è la perdita dei luoghi, delle relazioni, il vivere in contesti sempre più spersonalizzanti, i problemi economici, tutte conseguenze del terremoto del 2009. È quanto emerso dall'indagine effettuata nell'ambito del Programma di supporto psicosociale e tutela della salute mentale per l'emergenza sisma (Spes) coordinata dal professor Massimo Casacchia, ordinario di Psichiatria della facoltà di Medicina dell'Aquila. Casacchia ha illustrato i dati in occasione dell'ultima giornata del Congresso nazionale Wapr Italia, che si è tenuto nel polo didattico di Medicina a Coppito. Lo studio - ancora in corso - è stato eseguito su un campione di 400 persone, che hanno risposto a un questionario. «Questo 70 per cento di persone», ha spiegato Casacchia, «non è riuscito a mettere in moto meccanismi di adattamento, a dare un senso a quello che è successo con il terremoto. Le ragioni di questa velata depressione sono, soprattutto per gli anziani, l'isolamento, o non avere possibilità di svago. Per i genitori c'è la preoccupazione per il futuro dei figli, per i giovani non avere luoghi di aggregazioni. Tutti sono scontenti, rimpiangono L'Aquila e non sanno più chi sono. Anche le continue lotte, gli annunci sul ritorno alla normalità che invece non c'è, creano un senso di disorientamento nelle persone che non sanno più a chi dare fiducia. C'è quindi bisogno di una maggiore attenzione verso i bisogni e le necessità della popolazione. Non sappiamo», aggiunge il professore, «quante di queste insoddisfazioni possono cronicizzarsi e diventare una depressione vera e propria».  Dall'indagine emerge un quadro piuttosto allarmante anche riguardo al disturbo d'ansia, che affligge in maniera importante il 40 per cento della popolazione, che vive uno stato di agitazione sopra la soglia della normalità. Il 10 per cento della popolazione, invece, dopo un anno dal terremoto, è affetto dal cosiddetto «disturbo post-traumatico da stress», ovvero uno stato di continuo allarme che si manifesta in paura intensa e irritabilità. La percentuale però aumenta se si considera il numero delle persone che vivono solo alcuni dei sintomi del disturbo. «Un'altra fetta consistente del campione, circa il 40 per cento», fa notare Casacchia, «non è affetta dal disturbo post-traumatico da stress completo, ma da pezzettini di questo. Per esempio, c'è chi soffre solo d'insonnia, chi di irritabilità, e così via». Tutti casi che andrebbero seguiti da specialisti. «Si tratta», conclude Casacchia, «di persone che andrebbero avvicinate per iniziare un percorso insieme. Nella lettera che abbiamo inviato, con il questionario, c'era anche l'invito a telefonare e venire gratuitamente al servizio Smile per una visita. Una cinquantina di persone hanno chiamato. Ma c'è bisogno di fare di più». All'indagine Spes hanno partecipato anche il dottor Vittorio Sconci, la professoressa Rita Roncone, la dottoressa Annamaria Allegro e il dottor Rocco Pollice.

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