Il caso-Petrilli torna alla ribalta nazionale

Vecellio (Tg2) a sostegno della battaglia dell’ex presidente dell’Aret contro l’ingiusta detenzione

L’AQUILA. «Sei anni di galera. Innocente.Giulio Petrilli, accusato di “banda armata”, chiede un risarcimento con una lettera al ministro Boschi». Il caso dell’ex presidente dell’Aret è stato affrontato da Valter Vecellio in un articolo sul quotidiano indipendente “L’Indro”. Secondo l’opinionista di politica, vicecaporedattore del Tg2 e direttore del giornale telematico “Notizie Radicali”, uno degli organi ufficiali del movimento dei Radicali Italiani, iscritto dagli anni Settanta al Partito Radicale e biografo di Pannella, quella di Petrilli «è una storia strana. Strana non perché sia strana nel senso che comunemente viene dato al termine 'strano'. Strana perché non si comprende quale sia il capo e quale la coda; il senso, la logica che ne è alla base».

Vecellio parla della lettera indirizzata da Petrilli al ministro per le riforme costituzionali Maria Elena Boschi, alla quale Petrilli chiede un impegno preciso: «Di impegnarsi affinché anche chi è stato detenuto ingiustamente, possa avere il giusto e doveroso risarcimento. L’Italia è l’unico Paese in Europa dove esiste una norma che vieta lo stesso a coloro che pur essendo stati assolti, hanno avuto cattive frequentazioni».

Viene ripercorsa nell’articolo la vicenda umana e giudiziaria di Petrilli, «iniziata all’età di 19 anni e per la durata di sei anni, con l'accusa poi risultata infondata di partecipazione a banda armata. Ho fatto tante istanze per avere il risarcimento, ma nulla, sempre le risposte giudiziarie inerenti al risarcimento, motivavano il diniego con la motivazione di “cattive frequentazioni” e così non solo non ho avuto nulla, ma ho dovuto pagare anche le spese processuali».

Petrilli fu accusato di banda armata: quella di “Prima Linea” fatta da fuoriusciti di “Lotta Continua” che impugna le armi e si rende responsabile di una quantità di delitti. «Petrilli», scrive Vecellio, «incarcerato, prima di una condanna e una sentenza definitiva, viene sbattuto in isolamento: un periodo terribile, per cui oggi chiede un risarcimento. Sei anni di carcerazione preventiva. Poi lo dichiarano innocente». All’epoca, secondo Vecellio, «appartenevi a qualche formazione extraparlamentare e potevi trovarti in un attimo in questura o in cella...Petrilli viene condannato in primo grado a 8 anni. Comincia a scontarli; passa da un carcere all'altro, in un regime detentivo peggiore del 41 bis. Arriva l’appello. La sentenza è opposta: assoluzione; e infine la Cassazione, che conferma l’esito dell’appello. E quei sei anni di carcere? Chi, e come, li restituisce, li risarcisce?».