Il docente conferma le accuse

Tiberti: il rettore tenta di mistificare la realtà dei fatti

L’AQUILA. «Nessuna vendetta per un vecchio screzio. E nessuna richiesta di favori. La denuncia presentata riguarda comportamenti e azioni unilateralmente messi in atto dall’indagato». Inizia così la replica del professor Tiberti al rettore.

Una vicenda giudiziaria, quella che vede il rettore Ferdinando di Orio iscritto nel registro degli indagati, partita da un esposto del professore Sergio Tiberti, ordinario della facoltà di Medicina, presentato circa sette mesi fa alla Procura della Repubblica. Un esposto-denuncia nel quale si ipotizza il reato di concussione che si sarebbe materializzato nella richiesta al docente, da parte del rettore, di regali e soldi. Accuse bollate come «false e deliranti» dal rettore che ripete «di avere piena fiducia nell’operato della magistratura e di voler essere ascoltato al più presto dal pm - che ha chiesto la proroga delle indagini - per poter chiarire ogni cosa».

Ma per Tiberti, «false e fuorvianti sono, invece, le affermazioni del rettore». E «fantasie inconsistenti» le dichiarazioni che riconducono «il fatto a una vendetta ordita a causa di uno screzio». Affermazioni, quelle di Ferdinando di Orio, riferite un episodio accaduto prima del terremoto, ovvero a uno studio sulla centrale a carbone di Civitavecchia, fatto da Tiberti «ma che portava» aveva detto il rettore «anche la mia firma. Un avallo mai dato, tanto da arrivare a chiederne il ritiro».

«Il falso e la mistificazione viaggiano insieme» sostiene invece Tiberti. «Il sottoscritto, unico autore di una monofrafia sulla mortalità nell’alto Lazio che non fa riferimento alla centrale a carbone, non ha mai chiesto avalli al rettore. Inoltre il mio studio non riguarda la sicurezza della centrale, ma solo lo stato di salute della popolazione dell’area. Due concetti molto diversi e lontani tra loro, che solo la malafede consente di mettere in relazione in questa vicenda giudiziaria legata purtroppo a comportamenti e azioni personali attuati nell’esercizio di una funzione pubblica».

In quanto al concorso (bandito dall’Ateneo ma finanziato dall’Enel) con il quale tre anni fa è diventato ordinario, Tiberti precisa che «ad attestarne la regolarità è stato lo stesso rettore approvandone gli atti. Un concorso di cui ha peraltro beneficiato (come idoneo) anche un allievo di di Orio. Allievo oggi direttore di Dipartimento». Tiberti chiude affermando che «questa vicenda non ha nulla a che fare con tentativi di bloccare la rinascita dell’Università dell’Aquila e di avere - al pari del rettore - piena fiducia nell’attività della magistratura, di cui» conclude «auspico che nessuno tenti di intralciarne l’operato con falsità e mistificazioni».

Intanto solidarietà al rettore è stata espressa dal preside della facoltà di Lettere Giannino Di Tommaso. «Conosco di Orio» dice «e sono sicuro dell’assoluta serenità con cui può guardare a questa vicenda».

© RIPRODUZIONE RISERVATA