Stefano Centi

Il figlio: «Impagabili le fatiche fatte da mia madre» 

Parla Stefano Centi: lieto che i giudici le abbiano rimborsato le spese per farmi crescere

L’AQUILA. «È stata mia madre, in tutti questi anni, a occuparsi di me provvedendo da sola, nonostante gravi difficoltà economiche, al mio mantenimento, alla mia educazione tanto che il giudice le ha riconosciuto il diritto a rimborsare, almeno per la propria quota, le spese sostenute».
È lo sfogo di Stefano Centi, il giovane aquilano che vive a Paganica, alla luce della sentenza di secondo grado che gli dà ragione e, dunque, ha già vinto, a meno di un ricorso in Cassazione, la sua battaglia legale. Egli si rammarica del fatto che il padre, pur essendo persona facoltosa, non gli sia venuto incontro economicamente a fronte della prova del Dna che è inconfutabile.
«Dovremmo agire nuovamente», dice, «per richiamarlo agli obblighi di padre. Magari otterremmo un’altra vittoria giudiziale ma un dato non cambia. Non si potranno mai ripagare le sofferenze di una donna che, come mia madre, ha dovuto crescere un figlio e combattere da sola per far valere la verità, almeno quella biologica». Il 38enne, dunque, si duole del fatto che suo padre naturale non voglia, almeno alla stato dei fatti ribadito dalle sentenze, dare quanto deve pur essendo un imprenditore affermato che opera su più fronti con successo.
Sul pagamento dovuto i giudici non hanno usato mezzi termini. «Dall’evidente sproporzione dei redditi percepiti», si legge nella motivazione, «e delle capacità di produrne di maggiori, del tutto evidente, attese le attività svolte dalle due parti, nonché dal costo medio di un figlio, il tribunale ha ritenuto di determinare in 350 euro mensili la somma dovuta dall’appellante alla madre per il mantenimento del figlio». «Posto che il criterio equitatativo è utilizzabile nella quantificazione del contributo che Del Tosto avrebbe dovuto dare al mantenimento del figlio», si legge ancora nella motivazione che conferma le valutazioni fatte in primo grado, «deve rilevarsi che il tribunale non si è fondato su “chiacchiere inconcludenti e gratuiti pettegolezzi” ma sulle relazioni dei carabinieri e dei servizi sociali redatte a seguito di richiesta di informazioni del tribunale per i minorenni dai quali il tribunale civile ha desunto dei fatti non contestati dall’appellante, ovvero che la Centi era priva di redditi e svolgeva lavori occasionali assistendo anziani, mentre il Del Tosto gestiva una ditta di progettazione edile e le due principali discoteche dell’Aquila».
©RIPRODUZIONE RISERVATA.