Il parco Torlonia ad Avezzano, un gioiello da restituire alla città e ai cittadini / Foto

Viaggio nell’ex residenza del Principe dopo la petizione degli studenti liceali. Tra tesori della natura e spicchi di storia c’è bisogno di manutenzione

AVEZZANO. Se si accosta l’orecchio nel vuoto e ci si lascia cadere con un po’ di immaginazione in un mondo senza tempo, sembra quasi di sentire ancora lo scalpitìo degli zoccoli dei cavalli che accompagnavano il Principe Torlonia lungo il ciottolato del Parco. Siamo alla fine dell’Ottocento e la villa si specchiava nella sua lussureggiante bellezza. A distanza di oltre un secolo è cambiato tutto, ma non l’atmosfera che si respira nel parco dell’ex Arssa, zigzagando tra la flora rigogliosa e i viottoli in selciato.

Eccolo il parco Torlonia, cuore verde di una città che vuole riappropriarsene. I ragazzi dei Licei Classico e Artistico hanno raccolto 900 firme per chiedere che l’area verde del Principe venga aperta alla città. Attualmente, la competenza è della Regione, esattamente del Servizio Patrimonio beni immobili.

Siamo andati a scoprire da vicino un parco pieno di storia e di tesori ambientali. Ci accompagnano Tonino Felli, funzionario ex Arssa e Maria Evangelista, della segreteria del dirigente.

Appena oltre il parcheggio si compie subito un balzo all’indietro nel tempo. Dalle auto moderne al calesse del Principe, dall’asfalto al prato che conduce alla Neviera dei Torlonia, una straordinaria opera di ispirazione romana che consentiva di immagazzinare neve durante l’inverno per mantenere freschi i prodotti fino all’estate: un moderno frigorifero nascosto dalla vegetazione. Costeggiamo i resti della statua della Madonna dell’Incile distrutta dal terremoto del 1915 e poco più in là si scorgono le prime tracce della meccanizzazione: risalgono agli anni Cinquanta, quando l’allora Ente Fucino aveva 2mila operai impegnati nella bonifica.

Attraversiamo il parco scrutati dall’imponenza di tre tassi, giganti della natura che ombreggiano il cammino del visitatore. Poche decine di metri e davanti agli occhi si staglia una vera meraviglia, il casino di caccia del Principe, opera talmente originale da trovare posto all’Expò di Parigi nel 1889. Veniva smontato e rimontato come un cimelio capace di resistere al tempo. Rischia ora di non farcela contro i tarli che ne stanno inesorabilmente minando la stabilità. Mirabile il restauro eseguito dall’artista Pasquale Di Fabio. Le immagini di Edward Lear e i tesori del Museo dell’arte contadina arricchiscono un locale che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento ospitava le feste dei Torlonia.

I Granai del Principe oggi sono una scatola vuota, ma hanno ospitato mostre straordinarie – una su tutte “Il tesoro del lago” – e sono in attesa di una valorizzazione. Ciò che serve è un’opera di manutenzione assidua prima che i costi diventino esagerati. Il mondo ambientalista e intellettuale della città appoggia senza se e senza ma l’iniziativa degli studenti e sollecita il Comune a un intervento. Attualmente due stanze del palazzo del Principe sono a disposizione dell'istituzione “Celebrazioni del centenario del terremoto del 1915”, presieduta da Giovanbattista Pitoni. Uscendo dal parco una sensazione strana, di incompiutezza ci assale. È come se le conquiste contadine degli anni Cinquanta, i braccianti morti per il lavoro a Celano, i sacrifici di chi lottò per difendere i propri diritti, avessero oggi bisogno di un’ultima spallata: il parco Torlonia da restituire alla città.

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