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Il processo visto dai liceali dell'Aquila

Il racconto elaborato dalla Terza F del Cotugno: "Una storia che ci riguarda in prima persona"

L’AQUILA. Nell’udienza di domani mattina – convocata nella sede della Corte d’Appello a Pile – il collegio giudicante formato dai magistrati Fabrizia Ida Francabandera, Carla De Matteis e Marco Flamini pronuncerà la sentenza di secondo grado nei confronti dei sette imputati della Commissione grandi rischi già condannati in primo grado alla pena di sei anni ciascuno per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose in relazione alla gestione del rischio sismico e alle valutazioni connesse in occasione del terremoto del 2009. Si tratta di un processo storico non solo per la città ma anche per i riflessi oltre confine che ha avuto e che avrà anche dopo il secondo grado di giudizio.

Questo il testo elaborato in una seduta di scrittura collettiva con le studentesse e gli studenti della classe IIIF del Liceo delle Scienze Umane –Economico sociale del «Cotugno» dell’Aquila sull’esperienza della partecipazione dei ragazzi alla prima udienza. Ecco le riflessioni dei liceali.


«Non è una cosa che capita tutti i giorni assistere all’udienza di un processo così delicato come quello alla Commissione Grandi Rischi, ma, come si suol dire, c’è sempre una prima volta e venerdì 10 ottobre la prima volta siamo stati noi! Di questa esperienza ci rimarrà nel cuore la solidarietà verso i parenti delle vittime e l’emozione che si prova ad essere partecipi alla richiesta di giustizia per la nostra città. Perché questa giustizia riguarda tutti noi e chi combatte per essa non deve essere lasciato solo! La nostra presenza ha riscosso un interesse che non ci aspettavamo ed è stata molto apprezzata; alcuni hanno addirittura partecipato alle spiegazioni della professoressa meravigliandosi dei nostri interventi e dell’interesse verso un argomento che quasi mai vede i giovani partecipi.

L’intervento di un signore lì presente ha scosso le nostre coscienze con una frase che ci ha fatto capire la nostra importanza: “Ragazzi, il futuro della città siete voi!”. Il punto di vista antropologico, inserito negli atti, è stato secondo noi uno degli aspetti più interessanti di questo processo che ha dimostrato come le vittime abbiano cambiato il loro comportamento fidandosi delle rassicurazioni degli esperti; questi ultimi sono persone con esperienza e grandi responsabilità, il loro ruolo è importante soprattutto per il nostro paese che è un territorio ad alto rischio sismico: non avrebbero dovuto rassicurare i cittadini fornendo informazioni pseudo-scientifiche del tutto errate. A che cosa serve la scienza se poi diventa un’opinione mutabile? È assurdo non potersi fidare di chi avrebbe dovuto contribuire a tutelarci».


«Studiando diritto, abbiamo trovato la nostra presenza al processo molto formativa anche a livello didattico, perché abbiamo visto dal vivo come si svolge un’udienza, e capito cose che non sono scritte sul libro di diritto. Ci ha colpito scoprire tutti i retroscena di ciò che è accaduto con il terremoto anche perché, pur avendolo vissuto sulla nostra pelle, eravamo troppo piccoli per comprendere».

«L’emozione provata nel supportare i parenti delle vittime è qualcosa che nessuno potrà mai toglierci. Per questo lunedì torneremo ad assistere all’ultima udienza del processo d’appello e ad ascoltare la sentenza, perché questa vicenda ci riguarda tutti».

Queste le frasi e gli spunti più salienti che sono stati usati per l’elaborazione del testo collettivo.
Roxana: «Questa è stata una delle esperienze più importanti della mia vita. Partecipare dal vivo a un processo per noi è stato molto formativo ed educativo a livello scolastico e ci ha permesso di vederne le varie sfaccettature che, su un libro di diritto, non si possono né intuire né capire. Il nostro supporto morale è stata l’unica cosa che potevamo offrire ai parenti delle vittime in una situazione così delicata, e mi ha fatto molto piacere lo stupore della gente nel vedere che noi giovani stavamo partecipando a un processo così importante per la nostra città».

Andrea: «È straordinario come un’esperienza apparentemente così semplice abbia scosso le nostre coscienze e ci abbia fatto capire la nostra importanza».

Alice: «È stata un’esperienza positiva e formativa, mi ha permesso di capire come è organizzato e gestito un processo italiano. Mi ha fatto molto piacere l’ammirazione che tutti gli altri presenti hanno avuto nei nostri confronti, consultandosi con noi. Ma l’aspetto più importante è stato il supporto morale che tutti noi abbiamo offerto ai parenti delle vittime, commossi dalla nostra presenza».

Eleonora C.: «E come non immedesimarsi nei parenti delle vittime, come non sentire quella stretta al cuore nel vedere quei volti piangenti, quei volti di dolore, di chi ha perso qualcuno di infinitamente prezioso, infinitamente importante. Come non sentirsi fortunati nello stare in “quella” stanza invece di “quell’altra”, dove si chiedeva chiarezza e giustizia, dove si ricordava, dove semplicemente si piangeva».

Grazia: «Il punto di vista antropologico è stato, secondo me, uno dei più importanti e interessanti; l’aver cercato la causa del cambiamento di comportamento delle vittime, il loro farsi rassicurare e convincere da esperti, a tal punto da mettere in pericolo la loro vita, mi ha fatto capire quanto l’uomo abbia bisogno di altri per volere, tentare, di “sopravvivere”. La conoscenza non è sempre un pregio».

Alessia: «Non si possono rassicurare i cittadini andando contro leggi scientifiche, ciò vuol dire dichiarare il falso; allora a cosa serve studiare la fisica se poi diventa una scienza mutabile?».

Giorgia S.: «È proprio in quell’aula che ho capito realmente come si svolge un’ udienza in modo dettagliato, l’esperienza provata nell’udire e nel vedere i dibattiti tra accusa e difesa è stata a dir poco formativa, dato che una delle nostre materie d’indirizzo è proprio il diritto. Inoltre, una delle cose che mi ha più colpita è stato il fatto di venire a conoscenza di tutti i retroscena del terremoto perché, pur avendolo vissuto, ero troppo piccola per capire».

Jessica: «Per la prima volta, anch’io che vengo da un’altra città, ho provato un senso di forte empatia che mi ha fatto davvero capire quello che hanno provato gli aquilani».

Giada: «Quest’esperienza è stata eccezionale e allo stesso tempo unica, è stato bello stare lì a sostenere le vittime, vedere che i parenti stanno combattendo per avere giustizia per i loro cari».

Matteo: «La cosa che mi ha colpito sono state le parole di un signore presente all’udienza, il quale ci ha detto con commozione: “voi giovani siete il futuro della nostra città”. Secondo me è stata un’esperienza unica per la mia età, assistere a un processo di livello internazionale».

Chiara: «Un’esperienza bellissima ed educativa. Assistere a un’udienza mi ha fatto capire cose che non sono scritte su un libro di diritto. È un fatto che riguarda tutti i cittadini dell’Aquila, molti dei quali hanno perso amici e parenti a causa di false rassicurazioni».

Ettore: «La cosa che mi ha colpito di più è stata che l’unica classe in tutta la città a essere andata a un processo così importante è la nostra».

Salvatore: «È stata un’esperienza unica e formativa che mi ha fatto rendere conto di come si svolge una vera e propria udienza. La cosa più importante è stata sicuramente quella dell’aver appoggiato moralmente le famiglie delle vittime».

Alessandro: «La partecipazione a questa udienza mi ha colpito molto perché mi ha permesso di capire come si svolge un processo. La nostra presenza è stata molto apprezzata dai parenti delle vittime che in questo periodo stanno passando un brutto momento».

Eleonora B.: «L’emozione provata nel supportare i parenti delle vittime è un qualcosa di tutto nostro, che nessuno potrà mai toglierci».


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