L'Aquila, crollo casa dello studente: la sentenza Condannati ristrutturatori e responsabile collaudo

Quattro condanne, due non luogo a procedere e quattro assoluzioni nel processo di primo grado per l’inchiesta sull crollo che causò la morte di otto studenti. Risarcimento danni in via provvisionale di due milioni di euro ai parenti

L’AQUILA. Si chiude il processo di primo grado per l’inchiesta simbolo sul terremoto del 2009. Il crollo causò la morte di otto studenti. Quattro anni a chi si occupò della ristrutturazione dello studentato alla fine degli Anni Novanta: Bernardino Pace, Tancredi  Rossicone e Pietro Centofanti. Due anni e 6 mesi al presidente della commissione collaudo Pietro Sebastiani. Non luogo a procedere per due imputati. Assoluzione per altri quattro  e stralcio per il 93enne Claudio Botta. Un risarcimento danni in via provvisionale per circa due milioni di euro per i parenti delle 8 giovani vittime del crollo della casa dello studente.E' questa la sentenza del processo per il crollo della Casa dello studente, simbolo della maxi inchiesta (220 i fascicoli inizialmente aperti) sul terremoto del 6 aprile 2009. La sentenza è stata letta alle 18 dal giudice Giuseppe Grieco.   Il crollo ha causato la morte di otto studenti: Luca Lunari, Marco Alviani, Luciana Capuano, Davide Centofanti, Angela Cruciano, Francesco Esposito, Hussein «Michelone» Hamade e Alessio Di Simone.In aula molti i parenti delle vittime. Alla lettura del dispositivo commozione ma anche rabbia per una sentenza non ritenuta ’equà: «Gli studenti dovevano essere fatti uscire», ripetono parenti e amici che si aspettavano dieci condanne.

LE RICHIESTE DEL PM. Per Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone, tecnici autori dei lavori di restauro del 2000, il pubblico ministero Fabio Picuti ha chiesto 4 anni di carcere ciascuno. Secondo l'accusa, i lavori avrebbero ulteriormente indebolito il palazzo, che già presentava vizi costruttivi all'epoca della sua edificazione negli anni '60. Circostanza confermata dal perito del tribunale, Maria Giovanna Mulas, docente del Politecnico di Milano, che ha redatto una relazione di 1.300 pagine. Alla sbarra anche Pietro Sebastiani, tecnico dell'Azienda per il diritto agli studi universitari (Adsu), per il quale la richiesta è di 2 anni e 6 mesi. Il Pm ha chiesto invece l'assoluzione per Luca D'Innocenzo, presidente Adsu dell'epoca, Luca Valente, nel 2009 direttore Adsu, Massimiliano Andreassi e Carlo Giovani, tecnici autori di interventi minori. Gli indagati per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni erano inizialmente 15, quattro dei quali deceduti. Poi la posizione del progettista Claudio Botta, 92 anni, è stata stralciata. Dei rimanenti dieci, otto ad aprile 2012 sono stati ammessi al rito abbreviato. Il giudice si pronuncia per il rinvio a giudizio o il non luogo a procedere (è questa la richiesta del pm) su Giorgio Gaudiano, che negli anni '80 ha acquisito la struttura da un privato per conto dell'Ateneo aquilano, e Walter Navarra, che ha svolto lavori minori in passato: per loro infatti resta il rito ordinario.

OGGI IN AULA. Botta e risposta tra l’avvocato Mercurio Galasso che difende Pace, Centofanti e Rossicone, e il pm Picuti. Il primo ha chiesto l’assoluzione con formula piena dei suoi assistiti, che - a suo avviso – non sarebbero responsabili per il crollo della struttura nella notte del sisma. «Io difendo delle persone», ha detto, «per le quali sono stati chiesti 4 anni di reclusione. Abbiamo sempre rispettato il dolore ma non vogliamo essere capri espiatori di nessuno». Sempre rivolto al pm, in un altro passaggio dell’arringa, ha detto anche: «quando è stata costruita la Casa dello studente, lui aveva i pantaloncini corti, ma io ero già avvocato a Napoli». Picuti ha ribadito al giudice le istanze formulate precedentemente. «Nelle mie richieste ho interpretato bene la legge. Centofanti, Rossicone e Pace avrebbero dovuto per legge procedere all'adeguamento sismico del fabbricato», ha ribadito il pm Picuti. «Bastava che i tre imputati avessero preso visione del progetto dell'edificio e si sarebbero accorti che era un castello di carte»; il consulente Maria Gabriella Mulas ha anche evidenziato come i ragazzi deceduti nell'immane tragedia si trovassero in quelle stanze sulle quali insistevano le pareti tagliafuoco (la cosiddetta parete Rei), sistemate dai tre imputati. «Si parla dunque di reato commissivo». Infine parlando dell'ultimo imputato, Pietro Sebastiani (chiesti per lui due anni e mezzo), il pm ha posto l'accento sul particolare che «i lavori sui quali era stato chiamato come collaudatore, non erano di restauro o risanamento ma di ristrutturazione che dunque imponeva la verifica statica dell'immobile avvenuta solo dal punto di vista amministrativo e non sul campo». Prima della Camera di consiglio, spazio anche alle repliche degli avvocati di parte, tra cui Vania Della Vigna (parte civile) che ha ricordato: «Questo è il processo simbolo del post-terremoto» e Fabio Alessandroni (difende Luca D'Innocenzo): «bastava leggere la perizia Mulas per definire le responsabilità di ciascuno».

LE UDIENZE. Il dibattimento è ripreso a ottobre 2012 dopo aver rischiato due volte lo stop. La prima a maggio, per un richiamo del Consiglio superiore della magistratura al Gup Giuseppe Grieco, in relazione alla formulazione dei quesiti per la superperizia. Come conseguenza della censura, Grieco aveva dichiarato di astenersi dal proseguire il processo fino a conclusione del procedimento, ma era stato poi invitato a continuare dal presidente vicario della Corte d'Appello, Augusto Pace. A luglio dell'anno scorso il secondo rilievo con l'istanza di un legale, respinta dal Gup, per sollevare una questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale sull'esclusione dei soggetti chiamati come responsabili civili per gli imputati che hanno ottenuto il rito abbreviato.

I FAMILIARI. «I giovani hanno interessato alla problematica anche i tecnici che però hanno risposto "dormite sonni tranquilli". Ora gli otto giovani dormono sonni tranquilli. Spero in una sentenza giusta, anche se ne dubito perché la giustizia tutela chi commette delitti». Lo ha detto Silvana Cialente, zia di Francesco, uno degli otto universitari scomparsi nel crollo della casa dello studente

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