L'avvocato Wania Della Vigna abbraccia una delle sopravvissute al crollo avvenuto il 6 aprile 2009 (foto Raniero Pizzi)

L'Aquila, demolite le palazzine della Casa dello studente 

Iniziato l’abbattimento dell’immobile di via XX Settembre in cui persero la vita otto giovani la notte del sisma 

L’AQUILA. Via XX settembre, ore 19 e 55. Dal cannone inizia a uscire una nuvola di acqua nebulizzata, mentre la pinza del grande demolitore comincia a muoversi. Le persone sulla strada vengono avvolte da una nuvola di acqua, e la grande pinza idraulica inizia a demolire quel che resta della Casa dello studente. Dopo oltre otto anni, in ossequio a un’ordinanza dell’aprile scorso dell’allora sindaco Massimo Cialente, è iniziata ieri sera la demolizione delle due palazzine che fino al 6 aprile 2009 ospitavano la dimora degli studenti meritevoli. In strada, abbracciati l’un l’altro, come a voler trovare la forza per affrontare un’altra prova, ci sono alcuni parenti delle vittime e gli amici di quegli otto studenti universitari che avevano diritto all’ospitalità in quella struttura. Si stringono tra loro, osservano con un certo sconcerto quella grande pinza che, un morso alla volta, strappa via brandelli di cemento e ferro. Uno spettacolo a cui gli aquilani sono ormai abituati, ma questa demolizione riacutizza il dolore profondo di chi in quella casa ha perso tanto. Ad aspettare, abbracciata a Wania Della Vigna, l’avvocato che ha seguito tutte le fasi del processo penale e adesso quello civile, c’è anche una delle giovani ospitate in quella struttura e che ha visto scomparire sotto le macerie otto amici. Non vuole rispondere alle domande, si vede che è molto scossa e quando la pinza inizia a muoversi scappa via.

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Il processo penale ha portato alla condanna definitiva di quattro tecnici e adesso è in corso la causa civile. Alcuni giorni fa Antonietta Centofanti del comitato dei parenti delle vittime della Casa dello studente, insieme ad altri volenterosi, aveva iniziato a rimuovere le foto, le magliette, i tanti ricordi accumulati in otto anni sulle transenne che separavano quel luogo di morte dalla vita di tutti i giorni. Da una parte la desolazione, dall’altra una città che cerca di ritrovare se stessa. Sarà per questo che ieri, oltre ai parenti, agli addetti ai lavori e a tanti giornalisti, di aquilani ce n’erano ben pochi. L’ultimo ricordo della pietà che per otto anni ha avvolto la Casa dello studente è stato rimosso l’altro ieri, grazie alla buona volontà degli operai della ditta che si sta occupando della demolizione, la Rad service di Gubbio. Grazie agli operai è stato, infatti, possibile salvare anche il grande albero di Natale messo lì dai vigili del fuoco a dicembre 2009. In quei giorni era l’unica luce che illuminava la città sconvolta, «ma siamo riusciti a salvarlo, quell’albero di Natale», racconta Antonietta Centofanti con un filo di voce. «Gli operai lo hanno smontato, lo hanno messo su un camion e mi hanno accompagnato fino a casa. L’ho messo in giardino, lo puliremo per bene e vorremmo donarlo a una scuola, come ricordo di quei ragazzi che non ci sono più». Per consentire la demolizione, via XX Settembre è stata chiusa al traffico e lo resterà fino al termine delle fasi più delicate, ovvero quelle che riguardano la struttura. Se tutto andrà bene ci vorranno due o tre giorni. La ditta ha portato tutto l’occorrente per lavorare senza sosta. Gruppi elettrogeni, un intero container con spazi per il riposo degli operai, luci per lavorare anche in oscurità.
«Le sensazioni sono particolari, addirittura curiose», aggiunge Antonietta Centofanti, «da un lato dovrebbe esserci il sollievo perché non si vedono più queste macerie, ma dall’altro lato proprio queste macerie sono state per otto anni la nostra casa, un po’ come la palazzina lo era per i ragazzi scomparsi. È una sensazione strana, una sorta di ambivalenza... mi riesce difficile da spiegare ma è così. È necessario, ma di nuovo è come se ci venisse tolto qualcosa». Al posto della Casa dello studente dovrebbe sorgere un “luogo del ricordo”, una struttura che sarà progettata dai ragazzi della facoltà di Ingegneria dell’Aquila. «Come comitato», conclude la Centofanti, « abbiamo premuto tanto perché questa cosa diventasse possibile».
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