L'Aquila, la città è degli alpini: sfilata per cinquemila 

In centro storico gran finale del raduno “Ricordando il Battaglione L’Aquila”. Applausi per il 95enne Valentino Di Franco, reduce della campagna di Russia  

L’AQUILA. Oltre 5000 alpini a sfilare, altre 2000 persone lungo il percorso ad applaudire. La seconda edizione del raduno “Ricordando il Battaglione Alpini L’Aquila” è andata oltre le più rosee previsioni degli organizzatori. Tre giorni con numerose iniziative culminate nella grande sfilata di ieri. Dopo il saluto insieme ai genitori di Luca Polsinelli, davanti al piccolo monumento che ricorda il sacrificio del maresciallo capo degli alpini ucciso in un attentato a Kabul nel 2006, le penne nere sono partite per la sfilata lungo corso Vittorio Emanuele fino a piazza Duomo.
ALPINI TERREMOTATI. Lungo il percorso, particolarmente applauditi gli striscioni di Amatrice e Accumoli, territori che hanno condiviso con L’Aquila l’esperienza del terremoto. Tutti gli alpini hanno preso la loro dose di applausi, dai militari in servizio agli ex comandanti del reggimento, fino alla cagnolina del nucleo cinofilo che, nel bel mezzo della sfilata in pieno corso, si è fermata per un bisognino, provocando il corri corri dei conduttori per ripulire prima possibile. «Fa sempre così quando è eccitata», ha sorriso una delle addestratrici di quei cani che nei recenti terremoti hanno contribuito a salvare decine di persone. In piazza Duomo l’apoteosi finale, con i saluti delle autorità.
«LA GENTE CI AMA». «Gli alpini sono abituati a fare, per questo la gente ci ama», ha detto il presidente dell’Ana Sezione Abruzzi Pietro D’Alfonso, ricordando il «grande patrimonio di valori umani e sociali che gli alpini conservano per tutta la vita, dopo il loro servizio alla patria. Gli alpini non vanno mai in congedo», ha ricordato tra gli applausi. Anche il presidente del comitato organizzatore Maurizio Capri, il sindaco Pierluigi Biondi, il presidente della Provincia Angelo Caruso e la senatrice Stefania Pezzopane hanno salutato i partecipanti. «Gli alpini non vanno più in guerra, oggi sono una forza che opera per la pace», ha detto l’avvocato Capri nel corso del suo intervento. E in prima fila c’erano loro, i reduci, quelli che la guerra l’hanno fatta, quella vera, quella «che il primo che va muore», come racconta Valentino Di Franco, classe 1922, di Isola del Gran Sasso, reduce di Russia. Ha voluto sfilare lo stesso, nonostante in quella guerra abbia perso l’uso delle gambe. «Viene ai corsi e dice agli allievi che lui è l’esempio di come possa vivere dopo aver perso le gambe a 20 anni. È un esempio per tutti noi», racconta uno degli organizzatori, Pietro Piccirilli. Valentino si guarda intorno, lucidissimo. «Ero venuto in questa piazza che avevo 15 anni, 80 anni fa. Mi fa male vederla così martoriata».
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