L'Aquila, la prof Marica Branchesi tra i grandi della scienza

La rivista scientifica "Nature" l'ha inserita (unico scienziato italiano) nella Top Ten internazionale dei dieci ricercatori più influenti del 2017. Un riconoscimento al ruolo avuto nella scoperta dell'onda gravitazionale. Ora è ricercatrice e professore associato al Gssi

L'AQUILA. «Sono stupita, proprio non me l’aspettavo: è un grande onore ma lo considero un riconoscimento per tutti noi che lavoriamo su questa magnifica frontiera della scienza». Sorride Marica Branchesi ricordando che la rivista scientifica inglese Nature l’ha inserita, unico scienziato italiano, nella Top Ten internazionale dei dieci ricercatori più influenti del 2017. E il riferimento sottolineato nella classifica va soprattutto al ruolo avuto nella scoperta dell’onda gravitazionale annunciata nell’agosto scorso, generata dalla fusione di due stelle a neutroni, la prima registrata con le antenne Ligo negli Usa e Virgo in Italia, a Pisa, dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn).

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Chiamata “The Merger Maker” (creatrice di fusione), Marica Branchesi - docente del Gran Sasso Science Institute dell'Aquila - ha fatto in modo che ricercatori e scienziati internazionali mettessero insieme le proprie competenze e conoscenze consentendo così di arrivare alla nascita della nuova «astronomia a molti messaggeri», che fa uso sia dei tradizionali segnali di onde elettromagnetiche (fotoni), sia dei segnali di onde gravitazionali, come spiega il Gssi in una nota, per studiare in modo nuovo le sorgenti astrofisiche. Da astronoma, Marica Branchesi lavora da anni all’interno della collaborazione internazionale di Ligo-Virgo, per la rivelazione delle onde gravitazionali. Presidente della commissione di Astrofisica delle onde gravitazionali della International Astronomical Union e membro del Comitato internazionale per le onde gravitazionali, la Branchesi è entrata a far parte della Collaborazione Virgo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare nel 2009. Ed è oggi ricercatrice e professore associato al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila. «Il suo ruolo», si spiega nella nota, «è stato quello di favorire l’unione tra l’astronomia osservativa e la fisica strumentale degli interferometri utilizzati per captare le onde gravitazionali, aprendo così la strada alla multi-messenger astronomy».

Nata a Urbino 40 anni fa, dopo aver studiato radioastronomia a Bologna indagando buchi neri e ammassi di galassie, si è concentrata sui fenomeni più violenti dell’universo condividendo le ricerche in varie università straniere e approdando, infine, al mitico Caltech, il politecnico della California. «Ma nel 2013 — racconta — mi è stato assegnato un progetto di ricerca Firb del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di un milione di euro destinato ai giovani scienziati e anche se mi avevano proposto di rimanere in California ho scelto di rientrare. Era un sogno; potevo coordinare un gruppo tutto mio di ricercatori delle Università di Pisa, Padova e Urbino. Purtroppo queste opportunità nel nostro Paese sono poche». «Da studente ero incerta se diventare medico o architetto, ma mi piaceva soprattutto la matematica e tra le stelle ho trovato il mio paradiso». Al Caltech ha incontrato l’uomo della sua vita, un fisico tedesco sempre delle onde gravitazionali. Si sono sposati, vivono in Italia e insieme (ora anche a due piccolissimi bimbi) guardano il cielo con i nuovi occhi della scienza.