L'Aquila, operai sfruttati nella ricostruzione: 4 arresti

L'accusa della Procura distrettuale antimafia: taglieggiavano i lavoratori. Altri cinque costruttori sospesi dall'attivitià

L’AQUILA. Il Caronte di Dante picchiava col remo le anime prave che indugiavano nel passare all’altra riva. Quello che la distrettuale antimafia dell’Aquila identifica nel padrone sfruttatore, invece, tratteneva lo stipendio ai dipendenti gestendo il loro bancomat e decidendo quando e cosa dare. I dannati del terzo millennio sono gli operai della ricostruzione. Quelli di Dante bestemmiavano. Alcuni di questi, invece, stanchi di subire, hanno parlato.

DICIOTTO NEL MIRINO. Quattro arresti (ai domiciliari), diciotto indagati, cinque imprenditori (tre abruzzesi, uno campano operante a Castel di Sangro, l’altro ad Ascoli) sospesi per sei mesi dall’esercizio dell’attività, due ditte colpite da interdittiva antimafia. Questo il bilancio dell’indagine dei carabinieri (Nucleo investigativo reparto operativo) nel sottobosco dei subappalti, sotto il coordinamento dei pm David Mancini e Roberta D’Avolio, il gip è Giuseppe Romano Gargarella. Ai 4 arrestati sono contestati i reati di estorsione, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro con l’aggravante della continuazione.

CHI SONO. Ai domiciliari Salvatore Tessitore, 37 anni, e Vincenzo Tessitore (40), la cui ditta ha l’interdittiva antimafia; Raffaela Testa (37); Luigi Lama (36). Le cinque misure cautelari di divieto di esercitare attività professionali o imprenditoriali per 6 mesi, a livello personale, riguardano altrettanti imprenditori. In provincia dell’Aquila si tratta di Domenico Carlo Taddei (64), patron del Gruppo Edimo, e Danilo Taddei (41) amministratore della Taddei spa; Antonio Marrandino (33), all’epoca dei fatti alla Edil Gap, ditta di Castel di Sangro e originaria di Caserta, già oggetto di interdittiva. In provincia di Chieti Giovanni De Laurentiis (51), titolare della Edilrocca di Roccascalegna. In provincia di Ascoli Piceno, infine, Giovanni Di Pasquantonio (55), amministratore delegato della Edil Stella. Le accuse: fatture per operazioni inesistenti, per lavori, fittizio noleggio di mezzi e attrezzature. Per le ditte destinatarie di interdittiva i contratti di ricostruzione sono sospesi. Le altre continueranno a lavorare solo cambiando i vertici societari.

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BANCOMAT. Secondo l’accusa, le ditte del Casertano (una delle quali con sede all’Aquila) «sfruttando lo stato di necessità, indigenza e difficoltà economica in cui versavano gli operai, avrebbero reclutato manodopera a basso costo mantenuta in una condizione di sudditanza fisica e psicologica sotto minaccia di licenziamento, da impiegare nella ricostruzione. Per mantenere il controllo sui lavoratori, che venivano allontanati in caso di proteste o rimostranze, al momento dell’assunzione veniva fatta sottoscrivere una lettera di dimissioni senza data che veniva trattenuta dai datori di lavoro. I dipendenti venivano costretti a subire accettando costanti violazioni della normativa di sicurezza sul lavoro, in particolare, alterando attestati relativi a corsi di formazione che i dipendenti avrebbero dovuto frequentare». Sugli stipendi, la Procura ha documentato «la mancata corresponsione delle competenze accessorie, straordinario, accantonamento Cassa Edile e assegni familiari. Per aggirare la norma sul tracciamento dei flussi di denaro, ai dipendenti era stato imposto di attivare carte di credito/debito prepagate, che rimanevano nella disponibilità del datore di lavoro (Pin compreso), il quale ritirava le somme al bancomat, decidendo poi di fatto quale esiguo importo versare realmente al dipendente». Secondo la Procura le vessazioni sui lavoratori erano «tanto più efficaci in quanto sono state riscontrate contiguità di alcuni degli imprenditori con esponenti di rilievo della criminalità organizzata». Si ipotizza che le ditte abruzzesi coinvolte «non solo fossero pienamente a conoscenza dell’operato dei campani, ma che ne abbiano tratto immediato e diretto profitto, fino ad assumere formalmente, in alcuni casi, personale della subappaltatrice che, di fatto, ne manteneva il diretto controllo».

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