L’Aquila tra i 67 siti mondiali a "rischio di estinzione"

La World Monuments Fund lancia l’allarme per il centro devastato dal sisma. Nella lista anche Venezia, il Mali e la Siria

L’AQUILA. Le voliere del Farnese al Palatino. Il golfo di Venezia minacciato dalle navi da crociera. E poi ancora, la Battersea Power Station a Londra, i lampioni a gas di Berlino e l’intero patrimonio culturale della Siria minacciato dalla guerra civile. Tra i beni monumentali o siti a rischio inclusi nella lista biennale del World Monumens fund, spunta anche il centro storico dell’Aquila, segnato dal sisma del 6 aprile 2009.

«The Watch 2014» – questo il nome del rapporto dell’organizzazione che ha sede a New York – si sofferma su 67 siti in tutto il mondo la cui esistenza è messa in pericolo da alcuni fattori: il clima, l’assedio del turismo, la guerra (come in Siria e nel Mali) o la mancanza di risorse. Alcune aree poi sono minacciate dal «progresso». Ad esempio a Yangon, in Birmania, la costruzione di nuovi edifici e centri commerciali sta comportando la distruzione delle sussistenze coloniali del XIX secolo, o nell’area di New York, lo spettacolare sito geologico dell’Hudson River Palisades è minacciato dalla costruzione di torri.

Per L’Aquila, il nodo è sempre legato alle prospettive della ricostruzione post-sisma. L’attenzione si focalizza sul centro storico. «Quattro anni dopo la catastrofe», si legge nel rapporto, «è importante aumentare la consapevolezza circa la situazione grave e ancora irrisolta persistente in questa città. Senza correnti interventi di riqualificazione e restauro nel centro storico, la città perderà l’importante patrimonio culturale, nonché un notevole ritorno economico e comunitario». Un problema anche a livello sociale ed economico: «La risposta al disastro può essere un processo lungo e difficile, per questo vi è la necessità di rinnovare le richieste di recupero e rivitalizzazione del nucleo urbano storico e assicurare la rivitalizzazione della comunità».

Il dossier sul capoluogo, consultabile attraverso una mappa interattiva, fa riferimento alle zone rosse che precludono l’accesso in alcune aree.

L’analisi parte da una descrizione dettagliata della conca aquilana e dalla storia dell’Aquila, sin dalle sue origini medievali. Un racconto che non tralascia la dominazione spagnola, il periodo barocco e la ricostruzione successiva al terremoto del 1703. Si parla anche dei quattro quarti cittadini, e poi dello sviluppo moderno successivo che ha in parte modificato l’assetto urbanistico. Questo, fino ad arrivare al terremoto del 2009 e alle sue ferite.

Sul sito dell’organizzazione (www.wmf.org) l’elenco completo dei beni che dal 1996 sono stati inseriti tra quelli in pericolo, da notare che luoghi come Pompei, ad esempio, vi erano finiti nel 1998 e nel 1996, insomma, ben prima che la questione alimentasse il dibattito pubblico.

Fabio Iuliano

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